Fuga dal Classico, tracollo iscritti: "La scuola insegna la vita non a trovare lavoro"

Dati ai minimi storici in Lombardia, record negativo a Sondrio. La storica e giurista Eva Cantarella: un grave errore mettere da parte quello che non pare utile nell’immediato

Studenti in una foto d'archivio

Studenti in una foto d'archivio

L’ultimo ad alzare bandiera bianca per quest’anno, pronto a riprovarci per il prossimo, è il liceo più grande di Milano, il Virgilio: niente prima a indirizzo classico a settembre. Sono arrivate solo 13 domande, saranno smistate negli altri licei, tra i quali quell’Omero che, dopo due anni di stop, sta invece per rinascere in periferia.  Resta però la fatica di un indirizzo che arranca e in Lombardia non è stato superato soltanto dal gettonatissimo scientifico, all’11,7% (che frena nell’opzione tradizionale e accelera nella versione delle scienze applicate). C’è l’artistico davanti (con il 5,3% degli aspiranti primini) e c’è soprattutto il liceo delle scienze umane (al 6,4%), senza contare la sua declinazione economico-sociale (4,9%). Due indirizzi che decollano rispetto all’anno scorso, quando le domande superavano già i banchi disponibili. Quest’anno ci si è attrezzati per aprire nuovi corsi, ma sono oltre cento gli studenti - contando solo Milano - che dovranno cercare una scuola alternativa, spostandosi anche nell’hinterland. Intanto i classici stringono i denti per salvare le classi e cercano di trovare formule inedite per tornare ad essere attrattivi, anche puntando su contaminazioni con le scienze e i beni culturali, perché no. Senza perdere la loro anima e forza: lo studio del greco e del latino.

«La scuola non deve preparare al lavoro, ma alla vita. Se prepara alla vita allora poi sarà anche più facile trovare lavoro. Ma spesso non è chiaro il suo scopo: si sceglie un indirizzo alle superiori pensando all’utilità immediata, si sottovaluta l’importanza della cultura classica". Eva Cantarella, storica e giurista, già docente di Diritto romano e Diritto greco all’Università Statale di Milano, è cresciuta a “pane e greco“. Il papà, Raffaele Cantarella, era grecista e bizantinista. "In casa non è mai stato messo in discussione il fatto che io avrei frequentato il liceo classico. Era scontato. Così forse è esagerato, ma tornando indietro non farei altro. Vuoi mettere il piacere di leggere Omero?", racconta, nell’anno buio dei classici, che perdono studenti e sezioni. Il liceo Beccaria di Milano fu la destinazione.

Le famiglie oggi guardano altrove. Il greco è così lontano dalla contemporaneità?

"Macché. Basta analizzare le parole che usiamo ogni volta per sapere che non facciamo altro che parlare greco, in fondo. Sia chiaro, non è obbligatorio saperlo, ma che bello poter leggere i classici. Io vado spesso nelle scuole: non è vero che i ragazzi sono disinteressati alla cultura classica, anzi. Fanno un sacco di domande, sono curiosi, vogliono sapere".

Si cercano scorciatoie e licei con meno ostacoli? Via il greco per evitare incubi? Meglio puntare sulle scienze?

"Non conosco così bene i programmi degli altri indirizzi oggi per compararli. Ma non penso sia un problema di difficoltà, mi sembra piuttosto che si cerchi di “eliminare” quello che sembra non servire subito, quello che non è di utilità immediata. Ed è un grave errore. La formazione classica dà un vantaggio: la capacità di capire il mondo. Credo poi ci sia una riflessione da allargare alla scuola tutta".

Ovvero?

"La scuola deve essere chiamata a formare cittadini, non lavoratori. Se riesce a formare cittadini poi questi avranno anche più possibilità di trovare lavoro, ma l’obiettivo è un altro. Io sono contraria all’alternanza scuola-lavoro, concepita così: spesso si tolgono ore - non dico al greco - ma addirittura alla storia. Per cosa? Mi sembra deleterio, non solo per le cronache che leggiamo, per infortuni assurdi, ma anche sentendo quello che spesso sono chiamati a fare questi ragazzi in quelle ore. Come trovo sbagliato dare tutto questo accento sul merito".

In che senso?

"Io sono per la scuola del merito, per carità, ma a parità di condizioni di partenza. Altrimenti non è merito. E oggi non si va in questa direzione".

Un consiglio ai genitori?

"La ’tragedia’ spesso comincia da loro. Pronti a picchiare gli insegnanti se non danno voti sufficienti: è stato stravolto il rapporto scuola-famiglia. Credo debbano fidarsi di più degli insegnanti: sottopagati, bloccati dalla burocrazia, eroici ancora di più in queste condizioni".

Perché riscoprire il greco?

"La scuola può preparare alla vita anche se non fai greco, per carità. Ma il greco la rende più piacevole. Apre una finestra, allarga la vista. Certo, non lo si deve scegliere per trovare il lavoro il giorno dopo, ma se pensiamo alla ricerca di laureati in filosofia da parte delle aziende... forse dovremmo rivedere il concetto di utilità".

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