Esplosione in piazzale Libia. Scatta la perizia sulla fuga di gas a Milano

Il gip Sonia Mancini incarica un tecnico per chiarire i dubbi. Per la Procura il giovane inquilino tentò il suicidio, ma lui ora nega con forza

L’intervento dei vigili del fuoco dopo l’esplosione in piazzale Libia

L’intervento dei vigili del fuoco dopo l’esplosione in piazzale Libia

Milano - Non è chiuso il caso dell’esplosione di piazzale Libia, giusto due anni fa. Un perito incaricato dal giudice dovrà ricostruire i fatti e chiarire i dubbi. Da subito era sembrato trattarsi di un tentato suicidio dell’inquilino, che avrebbe staccato il tubo del gas in casa sua. Nessuna vittima, per fortuna, ma quando il giovane sospettato si è ripreso dopo essere miracolosamente sopravvissuto alle ustioni, ha giurato di non aver mai pensato di suicidarsi. È vero che in quell’appartamento il tubo del metano fu trovato staccato, ma Adam Serdiuchenko, il barman 31enne di origini ucraine rimasto per mesi tra la vita e la morte, sostiene che a staccarlo dev’essere stata proprio l’esplosione.

Un'esplosione dovuta forse a una fuga di gas da qualche fornello. E così all’udienza preliminare davanti al gip Sonia Mancini, il suo avvocato Francesco Isolabella ha chiesto e ottenuto una perizia sulla dinamica dei fatti. Il consulente tecnico incaricato dal giudice dovrà chiarire le cause dello scoppio e sbilanciarsi sulla possibilità che la dispersione di gas sia avvenuta attraverso la fuoruscita del metano dal tubo o non piuttosto da qualche fornello della cucina.

E valutare la compatibilità tra la quantità di gas nell’ambiente registrata attraverso Unireti e la tipologia del danno prodotto dallo scoppio alla struttura. Stando alla difesa di Adam, che per le terribili ustioni ha perso l’uso delle mani e in parte delle gambe, se la dispersione fosse avvenuta col distacco del tubo, l’esplosione non avrebbe potuto limitare i danni al solo appartamento dove è avvenuta.

Concluse a suo tempo le indagini, stando agli accertamenti condotti dai vigili del fuoco e dai consulenti tecnici della procura non ci sarebbero invece dubbi sul fatto che il distacco del tubo sia stato un gesto volontario. Ma dopo mesi in coma aggrappato alla vita, da quando riprese a comunicare Adam non ha mai chiarito cosa sia successo quel 12 settembre 2020 nel bilocale al piano terra in Porta Romana, quando una fragorosa esplosione alle 7.15 squarciò il silenzio di un sabato mattina come tanti.

Il pm Mauro Clerici, anche considerato che l’esplosione non provocò né morti né altri feriti, ha contestato al ragazzo non l’ipotesi di strage ma quella meno grave di incendio doloso. Adam era da qualche mese responsabile di sala al Martini Bistrot di corso Venezia e aveva interrotto da poco una burrascosa convivenza con il suo compagno dopo frequenti liti, che avevano anche comportato per lui qualche medicazione al pronto soccorso. Ma ripete di non aver mai pensato di togliersi la vita.

mail: mario.consani@ilgiorno.net

 

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