"Alleniamoci a sorridere". Lo schema di don Alessio, fratello prete di Demetrio Albertini

Tensione accumulata e violenza per futili motivi? Così sport e creatività possono aiutare i giovani a ritrovare futuro

Da sinistra, i fratelli Alessio, Gabriele e Demetrio Albertini, ex campione rossonero

Da sinistra, i fratelli Alessio, Gabriele e Demetrio Albertini, ex campione rossonero

Milano  - ​Il fischio d’inizio lo hanno dato i suoi parrocchiani: "Mi vedevano incupito, preoccupato per quello che stava avvenendo durante e dopo il lockdown e mi dicevano: ’No don, se perdi il sorriso anche tu, chi ci dà speranza?’". Così don Alessio Albertini, parroco di Pero e assistente ecclesiastico nazionale del Csi, oltre che fratello del calciatore Demetrio Albertini, è tornato in campo a dispensare “Una boccata di risate - Per respirare nella vita“, l’ultima fatica per la casa editrice ’In dialogo’ .

Don Alessio, quanto abbiamo bisogno di tornare a sorridere dopo due anni così?

"Tanto. Ci ripetevamo che ne saremmo usciti tutti migliori. Ma prova a fare scattare il verde al semaforo e a non partire subito... Siamo ancora più arrabbiati di prima e vediamo tutti questa violenza che si sta facendo di nuovo strada, spesso aggravata da ’futili motivi’".

C’è un’emergenza giovani?

"Questi ragazzi hanno accumulato tanta tensione e pensieri che non danno speranza, si lasciano andare maggiormente in un presente appiattito. Bisogna riuscire a orientarla questa rabbia che hanno dentro in un’aggressività positiva, che diventa sport, creatività, voglia di inventare qualcosa".

Com ’è andata la ripartenza degli oratori e dello sport?

"Negli oratori c’è stata una partecipazione al di là di ogni più rosea previsione, tanto era l’entusiasmo. Non c’è stato invece ancora un ritorno di massa allo sport tradizionale. C’è una voglia di muoversi dentro, ma non per forza ingabbiata in schemi fissi. Come Csi stiamo riflettendo su questo, per rilanciare l’attività sportiva, che non è solo movimento ma relazione".

Non c’è stato l’effetto Olimpiadi ed Europei sperati?

"Entrambi hanno regalato un sogno ed emozioni straordinarie, sia chiaro. Ma forse ci siamo occupati ancora poco di custodirlo questo sogno, trasformandolo in realtà per questi ragazzi che alle Olimpiadi e agli Europei non ci andranno".

Anche in diocesi ha incarichi “sportivi“.

"Nella mia vocazione ho sempre avuto un’attenzione per gli oratori e la pastorale giovanile, lo sport ha tante potenzialità e una valenza educativa. In fondo anche per me tutto è nato sui campi: incontrare un prete che giocava a pallone mi aveva scosso un po’. Papa Francesco dice sempre che dobbiamo essere una chiesa in uscita: avvicinare spazi e mondi abitati da persone concrete. Lo sport è uno di questi, dobbiamo essere noi a trasformarlo in occasione di crescita".

In casa Albertini si respirava sport: dica la verità, chi era il più forte tra lei, Gabriele e Demetrio?

"Ordine azzeccato. Devo dimostrarlo? Ok, sono onesto: Demi aveva qualcosa in più. Io e lui giocavamo insieme in oratorio e c’è stato anche qualche torneo, Gabriele era più piccolo. Quando sono entrato in seminario a 14 anni lui ne aveva 3".

Fede calcistica?

"Eravamo tutti Juventini, poi Demi ci ha fatto diventare milanisti. E finalmente quest’anno siamo tornati a festeggiare!".

Giocate insieme ancora?

"Se adesso vado a fare una mezza partita ho bisogno dell’ortopedico. Loro due hanno il pallino del padel, io mi sono dato alla bicicletta e alle passeggiate in montagna".

E fra i tre chi fa più ridere?

"Un bel match. Abbiamo preso l’umorismo da papà Cesare, che era un uomo di spirito, capace di trovare la battuta giusta per tutti e di sdrammatizzare le tensioni. Ma tra i tre sono l’unico a salire sul palcoscenico. Il teatro è l’altra mia grande passione".

Alla fine, sono riusciti in parrocchia a farla tornare a sorridere?

"Ho recuperato alla grande. Adesso alleniamoci tutti".

 

 

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