Tangenti in Lombardia, la difesa di Attilio Fontana: fango e bugie

L'accusa: un posto garantito al socio. Il goverano se la prende con i giornalisti: «Basta con i velinari». Gli arrestati in silenzio ma Tatarella si dimette

Attilio Fontana

Attilio Fontana

Milano, 9 maggio 2019 - Si difenderà «seranamente» davanti al magistrato il presidente leghista della Lombardia Attilio Fontana, indagato per abuso d’ufficio. Intanto però sferra un contrattacco non precisamente sereno nei confronti di certi giornalisti definiti «velinari che in queste ore alimentano e gonfiano ogni fake news trascinando il mio nome nel fango».

In realtà, all’inusuale pre-avviso di garanzia che il procuratore Francesco Greco gli aveva consegnato parlando l’altro ieri con giornali e tivù («Valuteremo se interrogare Fontana come teste o indagato») è seguito ieri per lui il formale invito a comparire lunedì prossimo in Procura con l’ipotesi di reato da cui il presidente della Regione dovrà difendersi.

Intanto, nei primi interrogatori di garanzia in carcere delle persone arrestate nell’inchiesta su affari & tangenti coordinata dal capo dell’antimafia milanese Alessandra Dolci e dai pm Adriano Scudieri, Luigi Furno e Silvia Bonardi, il giudice Raffaella Mascarino ha registrato i silenzi di chi ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Tra questi il candidato alle Europee di Forza Italia Pietro Tatarella, che ha fatto sapere di essere innocente, ma si è dimesso dal suo ruolo di consigliere comunale. Tornando al presidente Fontana, gli viene contestato l’abuso d’ufficio perché gli inquirenti sospettano che l’avvocato Luca Marsico sia stato nominato ad un incarico di consulenza in Regione solo in quanto ex socio di studio dell’attuale inquilino di Palazzo Lombardia nonostante la scelta fosse passata per un «avviso pubblico» di selezione cui parteciparono 60 candidati. È con un decreto di fine ottobre firmato dal dirigente Antonello Turturiello, che la Regione ha inserito Marsico tra i componenti esterni dell’unità tecnica del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici in qualità di «esperto in ambito giuridico, con particolare riferimento alla legislazione territoriale, urbanistica, ambientale, edilizia ed ai contratti pubblici».

La Procura sospetta si sia trattato in realtà della soluzione alternativa trovata per l’ex socio non rieletto per Forza Italia alle ultime elezioni, dopo che Fontana stesso aveva rifiutato (senza però denunciarla) una «proposta corruttiva» ricevuta dall’ex coordinatore provinciale dei berlusconiani a Varese Gioacchino (Nino) Caianiello, ora in carcere, che gli aveva suggerito per Marsico un incarico più “pesante”. Ma sarebbe stato sempre l’ex coordinatore di Forza Italia, in alcune intercettazioni successive a quelle depositate dalla Procura nella maxi indagine dell’Antimafia, a far riferimento ai compensi - in effetti non da capogiro - che avrebbe ottenuto l’avvocato Marsico per l’incarico di ripiego: 11.500 euro annuali, più 185 di gettone di presenza per ogni riunione del comitato. «Una roba miseranda», la definisce l’avvocato Jacopo Pensa, legale di Fontana, volendo così sminuire l’ipotesi accusatoria. Secondo i pm, però, il numero uno della Giunta avrebbe anche violato il dovere di astensione per conflitto di interessi, anche se formalmente dopo l’elezione al Pirellone aveva ceduto le sue quote dello studio alla figlia.

«Credo di essere un buon avvocato, per questo ho ottenuto l’incarico e non per l’amicizia con il governatore», avrebbe assicurato ieri l’avvocato Marsico sentito come teste dai pm, ricordando di non essere entrato in Regione «dalla porta di servizio», ma di aver «fatto una regolare domanda nel luglio del 2018 come esperto giuridico». Lui, come gli altri cinquantanove.

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