Focolai nei poli della logistica E i test sono lasciati al caso

Crescono i contagi ma il lavoro non si ferma, oggi arriva il camper per lo screening. L’appello a Dhl rimasto senza risposta: i giganti devono farsi carico della prevenzione

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di Andrea Gianni

Gli ultimi due casi sono emersi ieri nella filiale della Csa di Rho, una delle società che lavora per il colosso della logistica Dhl, che si aggiungono ad altri registrati nei giorni scorsi. "I dipendenti risultano in malattia dal 23 ottobre – si legge in una nota che l’azienda ha inviato ai sindacati - effettuate le verifiche necessarie, comunichiamo che gli stessi non hanno avuto contatti stretti lavorativi con nessun collega". Oggi, quindi, arriverà nel polo della logistica un camper dell’azienda Maliz, incaricata dalla Csa, per effettuare test rapidi su base volontaria sui dipendenti per uno screening in uno stabilimento ad alto rischio, dove lavorano circa 180 persone. Altri potenziali focolai sono emersi nei giorni scorsi in poli della logistica a Milano e hinterland, frequentati da migliaia di corrieri sull’onda di un e-commerce che registra numeri in costante aumento. "Una situazione che a breve rischia di esplodere – spiega Roberto Legramandi, della Fit-Cisl Lombardia – per questo chiediamo di intervenire in tempo con uno screening sistematico e a tappeto, mentre invece adesso tutto dipende dalla volontà delle singole aziende. Siamo già in ritardo, e intanto i contagi salgono". Quando emerge un caso positivo di solito si effettua una sanificazione dei locali e poi si continua a lavorare. Si mettono in quarantena quei pochi lavoratori che risultano "contatti stretti" di un contagiato, e sono rari i casi in cui si interviene con uno screening, come quello della Csa di Rho.

Un’altra società del settore ha messo a disposizione test per i dipendenti nelle sedi di Cavenago e Cormano, scoprendo due lavoratori positivi. Un’attività fondamentale per la prevenzione, anche perché i corrieri possono entrare in contatto con clienti in ogni zona della Lombardia, che adesso viene lasciata al caso. Lo scorso 15 ottobre i sindacati dei trasporti Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti avevano inviato una lettera a Dhl Express. "Visto il preoccupante aumento del numero di lavoratori risultati positivi al Covid-19 in alcuni siti produttivi – si legge – chiediamo, al fine di prevenire quanto più possibile una ulteriore diffusione del contagio all’interno delle filiali della Lombardia, che venga avviato quanto prima uno screening mediante tampone di tutte le lavoratrici e lavoratori della filiera, diretti e indiretti, con il coinvolgimento dei fornitori". Appello rimasto lettera morta, con i colossi della logistica che rifiutano di sobbarcarsi il costo di una campagna a tappeto anche sui lavoratori delle società esterne. Ma non è l’unica questione sul tavolo, perché nelle scorse settimane in diversi casi si è abbassata la guardia anche sull’uso delle mascherine in un settore difficile da controllare e con un altissimo turnover, dove opera una galassia di piccole e piccolissime imprese di trasporti al servizio di pochi giganti.

Amazon ha applicato la linea dura, mettendo al bando i corrieri delle società esterne che non rispettano le misure anti-contagi: dopo tre infrazioni scatta la cancellazione del badge. Per la maggior parte dei driver, poi, rimanere a casa in quarantena significa anche un danno economico, perché da stipendi non certo da favola vengono decurtate quelle maggiorazioni legate alla trasferta, bonus, ticket e straordinari. E l’aumento dei contagi sta costringendo a una sorta di lockdown realtà di diversi settori dove il lavoro non può essere svolto da remoto. "Nel nostro ufficio ci sono stati due contagi – spiega un milanese che lavora in uno studio di ingegneria, e chiede di poter rimanere anonimo –. Io e altri colleghi siamo in quarantena, di fatto la maggior parte delle attività si sono fermate perché non possiamo andare nei cantieri". Supermercati e aziende si sono attrezzati con personale “di riserva“, da chiamare per sostituire i dipendenti che rimangono a casa, anche in previsione di una situazione ancora più critica in inverno. Un esercito di precari, con l’obiettivo di non spegnere i motori dell’economia ed evitare danni ancora più pesanti.

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