Febbre del Nilo, lo scudo sorveglianza

Primi casi dell’estate. La Regione: il lavoro di squadra. tra veterinari e medici. permette di concentrare i test

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Sul fronte del West Nile, inteso come West Nile Disease o "febbre del Nilo", "in Lombardia c’è un’attività di sorveglianza integrata, esempio concreto del concetto di One Health - assicura la vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Letizia Moratti, dopo i primi casi di quest’anno registrati in Lombardia –. Grazie all’attività dei dipartimenti veterinari, con il supporto scientifico di Izsler e il coordinamento della unità operativa Veterinaria della Direzione regionale Welfare, viene svolta un’ormai consolidata attività di prevenzione che consente di ottimizzare il lavoro degli operatori sanitari e delle strutture, oltre che un rilevante risparmio economico".

La sorveglianza veterinaria serve a evidenziare precocemente la circolazione ambientale del virus, attivando i dipartimenti medici e i centri del sangue nella prevenzione di forme cliniche e trasmissione attraverso le donazioni di sangue: se le zanzare sono il vettore della malattia, il cui “serbatoio“ sono gli uccellil selvatici, l’uomo non può trasmettere il virus ad altre persone se non (in casi rari) con i trapianti di organi, le trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. L’infezione può causare un semplice rialzo termico ma anche forme più gravi di encefalomieliti e sintomatologie neurologiche e, in alcuni casi, la morte. In Lombardia, spiegano dalla Regione, la sorveglianza del WND (che integra quella sulle zanzare, sulla avifauna selvatica e sugli equidi che possono essere, come l’uomo, un ospite "sintomatico e occasionale", e quella clinica su forme neuro-invasive e sui donatori) "da più di un decennio è la prima linea di difesa contro questa malattia, focalizzando gli interventi in aree e in periodi target - spiegano dalla Regione –. Allertare i centri trasfusionali solo dopo che è stata confermata la presenza del virus in un determinato territorio provinciale ha inoltre determinato una riduzione del numero degli esami di laboratorio per verificare lo stato sanitario dei donatori, permettendo di risparmiare circa 1,2 milioni di euro".

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