Milano, l'appello di un papà: "Per i disabili torniamo al sistema del passato"

Nuova lettera delle famiglie alla Regione contro la burocrazia, i fondi sforbiciati e i criteri beffa

La protesta davanti a Palazzo Lombardia dei genitori di disabili

La protesta davanti a Palazzo Lombardia dei genitori di disabili

Milano, 21 gennaio 2020 - Fortunato di mestiere fa il vigile del fuoco. Ma ha anche "un secondo lavoro", racconta: "Compilo carte, mi attacco al telefono, passo ore al computer, scrivo mail, contatto la Regione, l’Ats di Milano. Tutti i giorni la stessa storia, solo per avere quello che mi spetta. È uno stress incredibile che toglie energia. E a noi l’energia serve tutta, da dedicare alla nostra bambina e ai suoi bisogni speciali, ai due figli adolescenti che meritano anche loro attenzione. La sensibilità dei politici verso chi deve fare i conti con una disabilità grave è troppo scarsa. Ci sentiamo soli". È lo sfogo di un padre. Ma alla sua voce si aggiungono quelle di un altro centinaio di famiglie, che hanno con sé una persona o un minore con disabilità gravissima.

«Famiglie che hanno deciso di metterci la faccia", spiega Fortunato all’AdnKronos Salute, in questi giorni in cui si discute delle risorse a loro destinate. I nomi sono in calce alla lettera aperta inviata al Consiglio regionale, all’assessore regionale alle Politiche sociali, Stefano Bolognini, al governatore Attilio Fontana, alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al ministero delle Politiche sociali. È la seconda missiva che scrivono. Perché le mozioni approvate il 14 gennaio "non danno certezza che le cose verranno messe a posto". E troppe cose non funzionano. Non ci sono solo i tagli a creare "enorme apprensione per la paura di vedersi sospesi servizi essenziali" per i figli, come scrivono nella lettera aperta, ma sono anche "i criteri insensati" a rendere tutto difficile, e le lungaggini burocratiche.

"Si torni ai mille euro che venivano erogati negli anni precedenti – è l’appello delle famiglie – senza distinzione di orario di frequenza scolastica, senza il vincolo socioeconomico dell’Isee, che è come se la disabilità si misurasse economicamente. E garantendo la continuità nell’erogazione dei bonus". I soldi, incalza Fortunato, "non ci servono per giocarli alle slot, ma per le terapie e per l’assistenza domiciliare che non basta". Fortunato e Maria, insegnante part-time, hanno una bimba di quasi 4 anni "che non può essere lasciata sola mai". Roberta, una moretta con un sorriso dolce e occhi grandi e profondi, non ha avuto grande fortuna alla ‘lotteria’ della genetica. La sua malattia è rarissima, già il nome è un inciampo: displasia campomelica acampomelica. "Siamo il primo caso diagnosticato in Italia e al mondo se ne contano pochi altri. Siamo fortunati perché la quasi totalità dei neonati affetti non nasce o non arriva all’anno di vita", racconta il papà.

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