Manda a casa donna con ulcera perforante Il pm: un anno al medico

Il medico del Pronto soccorso la rimandò a casa senza attendere il referto del radiologo. Gli bastò un’occhiata alla lastra: «Nulla, è soltanto stitichezza». Invece la donna aveva una...

Clinica Città Studi, ex Santa Rita a Milano

Clinica Città Studi, ex Santa Rita a Milano

Milano, 16 gennaio 2016 - Il medico del Pronto soccorso la rimandò a casa senza attendere il referto del radiologo. Gli bastò un’occhiata alla lastra: «Nulla, è soltanto stitichezza». Invece la donna aveva una perforazione gastrica e 24 ore dopo era già morta di peritonite. Ora il camice bianco dell’Istituto clinico Città Studi - l’ex Santa Rita passata alle cronache come “clinica degli orrori” - rischia la condanna a un anno di reclusione per omicidio colposo. È questa la richiesta di pena sollecitata al termine della requisitoria dal pubblico ministero.

E c’è anche il giallo della telefonata. «Quando lessi il referto chiamai subito la signora chiedendole di tornare in ospedale – si è difeso il medico davanti al giudice – ma la paziente non era in casa e perciò lasciai un messaggio sulla segreteria telefonica».

Versione che però non viene confermata dai familiari della vittima, Tiziana V. , i quali sostengono di non aver trovato nessun messaggio registrato. «E in ogni caso – ha osservato il pm in aula – perché il medico non si era fatto lasciare dalla paziente il numero del cellulare?». Quando la donna arrivò al Pronto soccorso, una mattina di dicembre del 2011, provava forti dolori addominali e stitichezza persistente. Il medico di turno le fece fare una radiografia, ma poi - secondo la Procura - non ebbe la pazienza di aspettare il referto di radiologia: diede uno sguardo alle lastre e la rimandò a casa nel giro un’ora. «La signora stava meglio – si è difeso il professionista – insistette per andare al lavoro, aveva un impegno urgente». E il medico non fece nulla per impedirglielo.

Così, pure avendo correttamente richiesto per la donna una radiografia addominale, per l’accusa «ometteva di attendere il referto» dal quale invece emergeva la «possibile presenza di aria libera in sede sottodiaframmatica» e dunque il sospetto di una perforazione gastrica. Quando il responso arrivò, con firma del radiologo che segnalava la necessità di una Tac, era ormai tardi perché la paziente era stata dimessa e il tentativo di ricontattarla - se mai realmente ci fu - non andò a buon fine. Una storia assurda, nella sua tragicità. Tiziana andò al lavoro e rientrò a casa probabilmente la sera. Forse non ascoltò i messaggi in segreteria o forse non c’era nessun messaggio da ascoltare. Può essere pure, al limite, che abbia ascoltato e magari pensato di ripresentarsi in ospedale la mattina dopo. Fattostà che nel corso della notte la situazione deve essere precipitata al punto che la mattina dopo era già troppo tardi. La donna spirò prima di mezzogiorno.

Al medico del Pronto soccorso la Procura imputa di non aver valutato correttamente le lastre anche prima di aver ricevuto il referto; già guardando bene il negativo avrebbe avuto elementi sufficienti per disporre una Tac. In conclusione, non avrebbe adottato «le misure terapeutiche adeguate per il trattamento dell’ulcera gastrica perforata» perché, ovviamente, si sarebbe dimenticato di diagnosticarla. mario.consani@ilgiorno

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