Doppio lavoro per lo studio legale, ex dirigente del Fisco condannato

Licenziato sei anni fa dall’Agenzia delle Entrate, adesso dovrà restituire 22.500 euro

Il collegio presieduto da Angelo Canale ha condannato l’ex dirigente Franco Russo

Il collegio presieduto da Angelo Canale ha condannato l’ex dirigente Franco Russo

Milano, 13 luglio 2020 -  Per anni , almeno quattro, ha incassato "in nero" compensi extra da uno studio legale, che gli versava, a detta della titolare, 1.500 euro ogni trimestre. Peccato che il consulente occulto fosse Franco Russo, funzionario dell’Agenzia delle Entrate, diventato nel giugno 2012 capo settore Servizi e consulenza della direzione generale della Lombardia. Due anni dopo quella promozione, però, sono arrivate prima le contestazioni sugli incassi mai resi noti (e men che meno riversati nelle casse del Fisco) e poi il licenziamento, notificato con provvedimento datato 16 giugno 2014.

A distanza di sei anni dalla "cacciata" del dirigente e dopo una sentenza di primo grado che lo aveva assolto, nei giorni scorsi Russo è stato condannato dalla Sezione seconda giurisdizionale centrale d’Appello della Corte dei Conti: ribaltando il primo verdetto, i giudici hanno disposto che l’ex funzionario dell’Erario restituisca al Ministero delle Finanze 22.500 euro illecitamente percepiti tra il settembre del 2009 e il giugno del 2013. Il collegio presieduto da Angelo Canale ha ritenuto che gli indizi a carico di Russo fossero "gravi, precisi e circostanziati".

A pesare sono state soprattutto le dichiarazioni che la titolare dello studio legale “incriminato“ ha reso alla polizia giudiziaria nell’ambito del procedimento parallelo che si è concluso con la conferma della liceità del licenziamento senza preavviso: "I rapporti con Russo iniziano nel settembre 2009, a lui do 1.500 euro in contanti ogni tre mesi e quando ho bisogno lo chiamo per darmi dei consigli su pratiche di difficile soluzione. Il denaro gli viene dato a prescindere dal fatto che io lo attivi o meno in questi tre mesi, ma Russo lavora alla direzione generale delle Entrate". E ancora: l’avvocatessa ha riferito che Russo svolgeva la stessa mansione anche col precedente titolare dello studio, che gli dava "12mila euro all’anno per le consulenze". In primo grado, i giudici, pur ritenendo "riconosciuti e incontestati il rapporto di servizio, la condotta antigiuridica e il nesso di causalità", avevano valutato "non provata l’illecita percezione di emolumenti da parte del signor Russo, atteso che le risultanze probatorie agli atti, relative ai pagamenti dei predetti emolumenti si limitavano “esclusivamente“ alle dichiarazioni rese dalla dottoressa V.L., sia nell’ambito del procedimento penale che la vedeva anch’ella indagata sia dinanzi al pubblico ministero".

Tesi ribaltate in Appello : i giudici hanno stabilito, come si legge nelle motivazioni, che "la valutazione complessiva del materiale probatorio in atti corrobori la presunzione della percezione del compenso da parte dell’appello per l’attività extraistituzionale svolta nella misura di 22.500 euro". Denaro che ora Russo dovrà risarcire all’Agenzia delle Entrate, con rivalutazione monetaria e spese legali incluse.

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