Valeria e la missione eutanasia legale: "Fabo, questa battaglia è per te"

La fidanzata del dj morto in Svizzera per suicidio assistito è accanto all’associazione Coscioni sul referendum. "Se fosse vivo, sarebbe arrabbiato nero per l’inerzia della politica. Ma adesso i tempi sono maturi"

Fabiano Antoniani (Dj Fabo)

Fabiano Antoniani (Dj Fabo)

Milano - «Il mio Fabo , se fosse ancora in vita, sarebbe arrabbiato nero per l’inerzia dimostrata dalla politica in questi anni, ma anche speranzoso perché stiamo per raggiungere un risultato". Valeria Imbrogno, la compagna di dj Fabo, Fabiano Antoniani, milanese morto in Svizzera con il suicidio assistito il 27 febbraio del 2017, con la tenacia con cui sale sul ring per gli incontri di pugilato sta lottando con l’associazione Luca Coscioni, per raccogliere entro la fine di settembre le 500mila firme necessarie per il referendum per l’eutanasia legale. Finora hanno firmato oltre 320mila persone, fra cui 61.557 solo in Lombardia. Il match , per Valeria, è iniziato quando ha deciso di rendere pubblica la sofferenza del suo Fabiano, rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale, e di accompagnarlo nella sua scelta del suicidio assistito, fino alla clinica svizzera Dignitas. È stata accanto al radicale Marco Cappato, finito sotto processo a Milano per aver fornito "aiuto al suicidio" a dj Fabo. Processo dal quale è scaturita la storica decisione della Consulta, che ha dichiarato incostituzionale l’articolo 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude l’incriminazione di chi presta aiuto al suicidio, seguita però da un silenzio della politica e da un vuoto normativo. Proprio per fare chiarezza e rispondere alle domande di persone in situazioni di gravissima sofferenza fisica, o psichica, l’associazione Luca Coscioni ha creato un Numero bianco (069931 3409), coordinato da Valeria Imbrogno, che solo a luglio ha ricevuto 980 telefonate.

Valeria, dopo tanti anni di attesa pensa che i tempi in Italia siano maturi per avere una legge sul fine vita? "Penso che, nonostante il tremendo immobilismo della politica, gli italiani siano pronti. E lo dimostrano le firme che raccogliamo ogni giorno".

Questo referendum sarà un’eredità di Fabo e della sua lotta. "Sarà il punto d’arrivo di una battaglia, e grazie a lui ogni giorno trovo la forza per andare avanti. Se fosse vivo, vorrebbe che questo obiettivo prendesse concretezza. Credo che sarebbe anche arrabbiato nero per una politica finora deludente. Proprio lui che non sopportava le lentezze, e quando voleva qualcosa si metteva subito in moto per ottenerla".

Che bilancio si può tracciare sul Numero bianco, aperto a marzo? "Anche per effetto della campagna referendaria, a luglio le telefonate sono triplicate, arrivando a superare quota 980. Sono principalmente di malati, o loro familiari, che chiedono informazioni sul suicidio assistito, sulle cure palliative o sul testamento biologico. Notiamo anche un aumento delle persone con gravissime forme di depressione che manifestano l’intenzione di togliersi la vita. Mi colpisce la quantità di sofferenza psichica e l’assenza di assistenza".

Come vi approcciate a loro? "Il primo passo è fare chiarezza su cosa si può fare e cosa non si può fare in Italia, perché c’è ancora tanta confusione. Poi stiamo costruendo un secondo livello di intervento, con assistenza psicologica e legale, e cerchiamo nuovi volontari perché siamo in 15 ed è difficile far fronte a tutte le richieste".

Che cosa ha imparato da questa esperienza? "Che per chi non è stato dall’altra parte è difficile mettersi nei panni di chi soffre. Ma la politica dovrebbe andare oltre, essere più illuminata e illuminante. Se otterremo una buona legge sul fine vita Fabo sarà contento".

Lei è stata campionessa di pugilato. Sale ancora sul ring? "Adesso insegno nella palestra Opi Gym di Milano. Alleniamo bambini e bambine di soli 6 anni, fino a persone che hanno superato i 50".