Elio Fiorucci, gli angeli e la cultura pop

Omaggio allo stilista che rivoluzionò il concetto di negozio

Moda Fiorucci

Moda Fiorucci

Milano, 20 agosto 2018 - E' il  1967 quando Elio Fiorucci apre il suo primo store nel centro di Milano, ampi locali sotterranei che rivoluzionano il concetto di negozio. È lì che s’incontrano i giovani ribelli alle convenzioni, generazioni in piena sintonia con quel pot-pourri di suggestioni, emozioni e novità internazionali proposte, che nel tempo s’identifica come “lo stile Fiorucci”. Il negozio in Galleria Passerella - a pochi passi da piazza San Babila - è una finestra sul mondo dove trovare tutte le novità, scoprire le tendenze e le avanguardie, frequentato da giovani sognatori. Oggi quel negozio, quello stile, quello spirito libero lo si respira a Venezia, al secondo piano di Ca’ Pesaro dove è allestita “Epoca Fiorucci”, mostra dedicata allo stilista milanese aperta fino al 6 gennaio 2019, curata da Aldo Colonetti  e Elisabetta Barisoni con la collaborazione di Floria Fiorucci, sorella di Elio, e di Gabriella Belli, direttore della Fondazione Musei Civici veneziani. Fiorucci, primo stilista diventato brand, in tutta la sua vita non ha mai dimenticato il dogma del buon gusto e lo spirito democratico.

L’immagine della sua moda si afferma contraddicendo tutti i parametri del marketing, cioè non assumendo un marchio, un logo, come elemento centrale. Ogni manifesto, ogni sticker, ogni etichetta ha un logo differente, questo perché Fiorucci vuole far capire al pubblico quanto la sua non sia la classica azienda commerciale ma un punto di partenza verso una rivoluzione culturale. Stravolge la moda trasformando lo stivale in gomma da pioggia in una scarpa da culto, fluorescente e col tacco e confezionando un jeans da donna spostando l’incrocio delle cuciture sotto il cavallo in modo da far esaltare il fondoschiena; coniuga il sacro con il profano, provocando con il fetish e il bondage ma allo stesso tempo intenerendo con gli angioletti e i cuori; collabora con architetti e designer come Ettore Sottsas, Michele De Lucchi, Matteo Cibic, Alessandro Mendini, Andrea Branzi che arredano i suoi spazi; crede nella street art: fa esporre uno sconosciuto Jean Michel Basquiat e chiama un giovane ragazzo, Keith Haring, a decorare il suo negozio.

La sua filosofia e le sue creazioni arrivano in Giappone, in Sud America, negli Stati Uniti, ma il successo non gli dà alla testa: i capi restano sempre alla portata di tutte le tasche. Perché la moda, quella vera, viene dalla strada e Fiorucci questo lo tiene sempre a mente. È sempre stato un passo avanti e questa avanguardia, che si trasforma in una sorta di vento di libertà, si coglie in parte nella mostra veneziana dove il pubblico si aggira non solo tra gli abiti appesi, ma anche gadget, poster, adesivi, libri, articoli di giornale, fotografie. Perché la sua vita e la sua carriera non può essere ridotta solo a una collezione di vestiti. Di Fiorucci va raccontato soprattutto il suo “lifestyle”, la sua filosofia, quel modo di vivere un po’ controcorrente e anticonformista. A metà degli anni Settanta nelle strade ci si scontra ogni giorno, la violenza dilaga, ma lui - che sostiene che quel fermento sia frutto di un grande cambiamento sociale dove i giovani pensavano alla libertà e alla pace - sulle magliette scrive: «Guarda, forse accanto a te c’è un angelo». Questa è cultura, cultura pop. E tra avanguardie e provocazioni sociali, Elio Fiorucci è stato il suo massimo esponente.

Epoca Fiorucci, fino al 13 Gennaio 2019 Venezia - Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna

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