L'ecstasy e la morte sfiorata a 17 anni. La storia di Giorgia Benusiglio in un docufilm

Nelle ore tormentose, lacerate fra timore e speranza, di un post trapianto che non finirà mai, Giorgia promette a se stessa che la campagna contro le droghe sarà la sua vita di GABRIELE MORONI

Giorgia Benusiglio (Newpress)

Giorgia Benusiglio (Newpress)

Milano, 8 maggio 2016 - Quella sera di ottobre del 1999 Giorgia Benusiglio è una liceale milanese di 17 anni con molta voglia di vivere, ballare, un po’ anche di trasgredire. Mezza pasticca di ecstasy in una discoteca di Desenzano del Garda. Finisce all’ospedale di Niguarda con una epatite tossico-fulminante. Il fegato ammazzato. Il cuore rallenta, sta cedendo. Si fermerebbe di lì a poche ore se a centinaia di chilometri di distanza, a Civitanova Marche, Alessandra, una ragazza di 19 anni, non si schiantasse in auto. I medici tentano il trapianto di fegato, il primo in Italia con una diagnosi del genere. Nelle ore tormentose, lacerate fra timore e speranza, di un post trapianto che non finirà mai, Giorgia promette a se stessa che porterà il suo vissuto di scuola in scuola, di ragazzo in ragazzo, che la campagna contro le droghe sarà la sua vita. Giorgia Benusiglio si racconta in un docufilm, titolo “Giorgia vive”. Lo ha realizzato con Ambrogio Crespi, un regista impegnato nel sociale e nel confronto con l’attualità, autore di “Enzo Tortora, una ferita italiana”, “Capitano Ultimo, le ali del falco”, interpretato da Raoul Bova, “Malaterra”, con Gigi D’Alessio, “Spes contra spem, in collaborazione con il carcere di Opera, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, l’associazione “Nessuno tocchi Caino”. “Giorgia vive” verrà presentato al Taormina FilmFestival, scelto da Tiziana Rocca, in concomitanza con un grande evento che coinvolgerà diversi istituti scolastici del territorio.

"Cercavo - dice Giorgia - un regista che fosse veramente bravo, interessato alla mia storia, perché fosse uno spunto di riflessione. Con Ambrogio Crespi ci siamo trovati lo scorso anno al dibattito sulla prevenzione al Cocoricò di Riccione, il primo organizzato in una discoteca. Lui ha visto la mia capacità comunicativa, io ho capito che era la persona giusta". Sessanta minuti. Gli incontri di Giorgia nelle scuole, nelle carceri, nelle comunità di recupero, nei workshop, con ragazzi, insegnanti, educatori. Le sue parole, dure come pugni nello stomaco, quella mezza pasticca e il destino che cambia rotta, la morte vista con i propri occhi e toccata con le proprie mani, la voglia di vivere che prende il sopravvento, la rinascita che passa per un percorso di dolore, di sacrificio, di consapevolezza da comunicare agli altri.

Voci e volti per raccontare Giorgia. I medici di Niguarda che l’hanno salvata. Tanto spazio per papà Mario, suo compagno di missione, un robusto, tenerissimo angelo custode che un tristissimo giorno ha preso congedo. Gli amici. I video e le foto di Alessandra, la donatrice che ha salvato Giorgia. Barbara, la migliore amica di Alessandra. Dice Giorgia Benusiglio: "Nel film, come tutte le volte che posso, parlo dell’importanza di volersi bene, del pericolo degli stupefacenti, dell’importanza della donazione di organi. E dico una cosa. Nella vita le cose negative possono accadere. Non è importante come cadi ma come ti rialzi".

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