Ebrei, rom e sinti Facciamo i conti con la storia

Gadi

Schoenheit*

erano due tipi di persone che finivano nei campi di concentramento: chi ci finiva per un’ideale o perché aveva una divisa (i soldati italiani che non accettarono di entrare nella Rsi) e c’era chi ci finiva per il solo fatto di essere nato. Un elemento che accomuna gli ebrei ai sinti e rom e ci consente di riconoscere che quel genocidio arriva dalle particolarità non solo nei numeri. Per anni noi abbiamo continuato a dire “italiani brava gente”. I cattivi erano i nazisti, i tedeschi. Non è vero. L’Italia è un paese che non ha fatto i conti con la sua storia. Quando Mussolini nel settembre 1938 fece la dichiarazione delle leggi razziali in piazza a Trieste c’era un milione di persone entusiaste. Con quel milione di persone ha fatto i conti la storia? Temo di no. Intere generazioni del nostro paese non hanno studiato la storia e molte cose che sono successe e continuano a succedere sono figlie di questa “ignoranza”. Mio papà sopravvissuto ai lager nazisti dava due risposte alla sua liberazione. Una banale e scontata, ossia cosa ha provato ad essere un uomo libero. L’altra più difficile da capire, ma che per me è rimasta un modello di vita: noi non eravamo liberi ma anche loro, i nazisti, non erano liberi. Perché non si potrà mai dire di essere un uomo libero se anche il prossimo non sarà libero. Oggi di fronte a persone che vengono nel nostro paese alla ricerca della loro libertà noi non possiamo girarci dall’altra parte. Il Porrajomos va riconosciuto se no si rischia di non fare i conti con la nostra libertà. È un percorso che comunità ebraica e rom e sinti possono fare assieme, ponendo l’attenzione al fatto che il Giorno della memoria non sia il giorno di tutti i genocidi, ma di quello perpetrato dai nazifascisti.

*Unione Comunità

Ebraiche Italiane (Ucei)

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