Da terrorista del metrò a vandalo delle scogliere

Nel 2002 Domenico Quaranta diede fuoco a una bombola in nome di Allah. Ora l’accusa di aver deturpato Punta Bianca ad Agrigento

I resti degli ordigni artigianali piazzati da Quaranta nel metrò nel 2020

I resti degli ordigni artigianali piazzati da Quaranta nel metrò nel 2020

Milano, 3 novembre 2020 - Dall’attentato (fallito) in metropolitana a Milano allo sfregio alla scogliera di Punta Bianca ad Agrigento. Diciotto anni dopo, torna il nome di Domenico Quaranta, l’imbianchino siciliano che la sera dell’11 maggio 2002 fece scoppiare una bombola di gas alla fermata Duomo del metrò rosso, gettando nuovamente nel panico una città ancora scossa dallo schianto sul Pirellone dell’aereo Rockwell Commander pilotato da Luigi Fasulo, avvenuto meno di un mese prima.

Noi combattiamo per la causa, non ci fermeremo più fino a quando non vi sottometterete ad adorare un solo Dio. Allah è grande", la rivendicazione su un lenzuolo bianco ritrovato dalla polizia in un cestino. Una rivendicazione, con l’ultima frase scritta in arabo, che portò subito gli agenti della Digos, all’epoca coordinati dall’aggiunto Ferdinando Pomarici, a ipotizzare che l’autore del raid fosse la stessa persona che il 5 novembre 2001 aveva fatto deflagrare una bombola di gas da campeggio sui gradini del Tempio della Concordia, nella Valle dei Templi di Agrigento: stessa tecnica e stesso slogan inneggiante all’Islam e alla resistenza del popolo afghano contro "l’attacco militare degli americani". E in effetti il 17 luglio il convertito Quaranta, con qualche precedente per furto, fu arrestato dai carabinieri di Agrigento per tentata strage e danneggiamento, accusato di quattro blitz incendiari (compresi due attacchi sventati al carcere siciliano di Contrada Petrusa e al nuovo Palazzo di Giustizia di Agrigento avvenuti rispettivamente il 15 e il 27 febbraio 2002).

Per quei fatti, Quaranta è stato condannato in via definitiva a 16 anni nel 2006. Detenuto in vari penitenziari dell’isola (da quello di Ragusa tentò di evadere nel marzo 2012, in quello di Enna potrebbe essere entrato in contatto con Anis Amri, l’attentatore dei mercatini di Berlino ucciso a Sesto San Giovanni), è di recente tornato in libertà. E ha subito fatto parlare di sé, stando a quanto ricostruito dai carabinieri del Villaggio Mosè di Agrigento e riportato sui siti di informazione locali: ci sarebbe lui dietro i geroglifici con vernice spray comparsi il 12 settembre sulla parete rocciosa in marna della scogliera di Punta Bianca, riserva naturale a due passi dall’altro gioiello della costa siciliana, la Scala dei Turchi.

In meno di due mesi, gli investigatori sono risaliti a Quaranta, 44 anni, che dovrà rispondere di deturpamento di bellezze naturali. I suoi scarabocchi sono stati ripuliti dai volontari dell’associazione ambientalista MareAmico, gli stessi che avevano fatto partire l’inchiesta con la loro denuncia contro ignoti. Il vandalo ha un nome. Ed è il medesimo di chi alle 22 dell’11 maggio 2002 tentò di seminare terrore tra i passeggeri del metrò.  

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