Fase 3: ditte e magazzini, la mappa del rischio focolai

Poca sorveglianza e aziende che vanno in ordine sparso, da zero tutele a rigore estremo: ora è vietato abbassare la guardia.

Emergenza coronavirus

Emergenza coronavirus

di Andrea Gianni

Dispositivi di protezione che, in alcuni casi, sono tornati a essere forniti con il contagocce. In altri casi ci sono ma sono i lavoratori che non li usano, e nessuno controlla. Rischi nella logistica e nelle fabbriche, nella sanità e nella cura agli anziani, solo per citare alcuni settori. E la scoperta di nuovi focolai sui posti di lavoro in diverse zone d’Italia è un segnale allarmante, che fa rilanciare ai sindacati l’appello a "non abbassare la guardia, perché il pericolo non è passato". Secondo le testimonianze raccolte, nelle aziende più strutturate mascherine, gel e altri dispositivi vengono ancora forniti abbastanza puntualmente, dopo ritardi e battaglia per ottenerli nei mesi dell’emergenza. È più difficile, però tenere sotto controllo quel microcosmo di piccole e micro-imprese che caratterizza l’economia lombarda.

Nelle aziende non sindacalizzate manca anche quella forma di controllo esercitata dai delegati sindacali, "antenne" per captare criticità e situazioni a rischio. E, soprattutto, latita la sorveglianza esterna sul rispetto delle misure anti-contagi. Così, in una fase cruciale nella lotta al coronavirus e per la ripartenza della “locomotiva d’Italia“, si passa da aziende che applicano un estremo rigore, addirittura chiudendo le mense e le docce, ad altre dove il clima è più “rilassato“, come se il pericolo fosse ormai alle spalle.

Complice anche il caldo, che porta molti lavoratori a smettere di indossare la mascherina anche in situazioni in cui si lavora gomito a gomito. E le sanificazioni diventano sempre più sporadiche.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro