Milano – Un appassionato discorso sulle ingiustizie del mondo, quello pronunciato da Greta Thunberg, a Milano per il corteo Fridays for Future, oggi dedicato non solo alla lotta al cambiamento climatico ma anche alla Palestina.
“Viviamo in un'epoca definita da sfruttamento, violenze, oppressioni, genocidi, ecocidi, carestie, guerre, colonialismo, aumento di diseguaglianze e una crescente crisi climatica. Sono tutte crisi interconnesse che si rafforzano a vicenda e portano a sofferenze inimmaginabili. Ogni singolo giorno, specialmente nell'ultimo anno con quello che sta succedendo in Palestina, il mondo ha mostrato la sua vera natura. I palestinesi hanno vissuto per decenni sotto l'oppressione soffocante di un regime di Apartheid e nell'ultimo anno con i genocidi in diretta streaming di Israele, il mondo ha nuovamente abbandonato la Palestina. Mentre si susseguono le crisi umanitarie in Palestina, Libano,Yemen, Sudan, Congo, Kurdistan, Balochistan, Ucraina, Armenia e in molti altri luoghi, l'umanità sta anche superando il limite di 1,5 gradi centigradi senza che ci sia in vista una reale riduzione delle emissioni globali di gas serra. Stiamo infrangendo record sul riscaldamento e sperimentando eventi meteorologici estremi senza precedenti. La destabilizzazione della biosfera e dei sistemi naturali da cui tutti dipendiamo per la nostra sopravvivenza sta portando a indicibili sofferenze umane e accelerando ulteriormente l'attuale estinzione di massa. La lotta per la giustizia climatica è una lotta contro le lobby dei combustibili fossili così come una lotta contro l'industria delle armi, l'estrattivismo di risorse naturali delle comunità nelle aree più colpite”.
"Il movimento per la giustizia climatica è un movimento decoloniale contro il genocidio, contro l'ecocidio, che chiede la liberazione e giustizia per tutti. È un sistema che mette le persone prima dei profitti. Se come attivista per il clima non si lotta anche per la liberazione della Palestina e per la fine del colonialismo e dell'oppressione in tutto il mondo, allora non ci si può definire attivista per il clima. Non si può pretendere di lottare per la giustizia climatica se si ignora la sofferenza dei popoli colonizzati ed emarginati di oggi. Uscire dalla nostra zona di comfort e chiedere la fine di questo genocidio è una questione umanitaria di base e invitiamo tutti coloro che possono a farlo. Il silenzio è complicità, non si può essere neutrali in un genocidio. Anche se il mondo cerca di metterci a tacere noi torneremo e faremo ancora più rumore. È in gioco tutto, nessuno sarà libero finché tutti non lo saranno".