La denuncia di una mamma: "Mio figlio disabile da 5 mesi senza assegno né educatore"

Prima la onlus costretta dalle carenze di personale a non seguire più il bambino ora i nuovi requisiti della Regione

Daniela Mazzone

Daniela Mazzone

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La vicenda di Daniela Mazzone riassume, purtroppo, i problemi e le incognite che gravano sul sistema dei voucher sociosanitari riservati alle persone con disabilità gravissima (B1) e, in generale, sull’assistenza domiciliare. Un compendio di problemi vecchi e nuovi, di problemi denunciati già da tempo e recenti, recentissimi. Gli uni e gli altri fanno sì che da 5 mesi il voucher al quale ha diritto il figlio di Daniela giaccia inutilizzato: il bambino – appena 10 anni – non sta beneficiando di quell’assistenza domiciliare che dovrebbe essergli garantita in quanto persona con disabilità gravissima.

Per chi non lo sapesse i voucher sono buoni corrispondenti ad un determinato valore economico finanziati dallo Stato e dalla Regione, con i quali le famiglie possono coprire le spese per attività e terapie delle quali hanno bisogno i propri cari con disabilità o per progetti di sollievo al caregiver e alla famiglia stessa. I voucher non sono spendibili ovunque: gli enti interessati a fornire il servizio devono ottenere l’accredimento dalla Regione che, quindi, stila un elenco di enti ai quali le famiglie devono obbligatoriamente rivolgersi. Fino a gennaio il figlio di Daniela era seguito dall’associazione senza fini di lucro “L’abilità“, che provvedeva ad inviare a domicilio un educatore professionale che stesse con il bambino, lo accompagnasse e lo assistesse lungo il percorso previsto dal progetto individuale. "A gennaio – racconta Daniela – sono stata convocata dall’associazione insieme ad altre famiglie e mi hanno comunicato che non erano più in grado di seguire mio figlio perché non avevano disponibilità di educatori professionali". Eccolo il primo problema, ecco l’ennesimo caso di quanto denunciato da tempo dalle associazioni e su queste pagine: in Lombardia, come altrove, c’è una carenza sempre più significativa di educatori, infermieri e altri specialisti, specie quando si tratta di assicurare servizi a domicilio. La pandemia da coronavirus, aumentando la richiesta di questo tipo di figure e garantendo, in alcuni casi, retribuzioni migliori di quelle assicurate dai voucher, ha acuito un problema pre-esistente.

Daniela è quindi costretta a cercare un altro ente che possa seguire suo figlio: "“L’abilità“ mi ha aiutato nella ricerca e io ho chiesto, a mia volta, all’Asst Fatebenefratelli-Sacco un elenco degli enti accreditati senza sapere, peraltro, che l’accreditamento viene ripetuto di anno in anno. A marzo riusciamo a trovarne uno che possa seguire mio figlio: il consorzio Progetto A". Sembra fatta: Daniela avvia le pratiche per la stesura e l’approvazione del (nuovo) progetto individuale che suo figlio e l’ente dovranno realizzare insieme. Fino a quando il progetto non è approvato, nulla può partire perché le cure non sarebbero retribuite al consorzio tramite i voucher. Si arriva così ai giorni nostri, alla fine di aprile, quando si scopre che “Progetto A“ non rientra più tra gli enti accreditati dalla Regione per la gestione dei voucher e delle relative prestazioni. Motivo? E qui veniamo all’altro problema, quello recente, recentissimo, che sta mettendo in difficoltà alcune famiglie e minando la continuità dei progetti assistenziali: dal primo maggio possono accreditarsi per gestire i voucher solo gli enti di servizi sanitari e sociosanitari, non più gli enti del sociale quali “Progetto A“. La delibera che ha sancito la svolta è quella del 21 febbraio scorso, entrata in vigore tre giorni fa. Daniela e suo figlio sono punto e a capo: "Sono arrabbiata nera – dice questa madre –. Da 5 mesi mio figlio è privato di un suo diritto: quello al voucher e all’assistenza prevista dal voucher. Ed io e mio marito patiamo un disagio enorme: lavoriamo entrambi e per noi poter contare sull’educatore a domicilio è importante".

"Da un lato i nuovi requisiti – commenta Mariella Meli, presidente dell’associazione “Famiglie Disabili Lombarde“ – sono stringenti e permettono a pochi enti di ottenere l’accreditamento, dall’altro quelli che lo ottengono non hanno più personale da dedicare in progetti con B1 e, se possono, scelgono per convenienza economica il solo accreditamento per l’Assistenza Domiciliare Integrata. Succede dunque che, pur avendo un minore diritto a percepire il voucher pari a 600 euro, si ritrova senza ente accreditato nella propria Ats oppure l’ente ha poco personale e dunque non redige molti progetti, con la conseguenza ultima che le risorse stanziate da Regione Lombardia per i voucher per minori sono risorse che, pur inserite a bilancio, non riusciamo a percepire anche se le chiediamo".

 

 

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