Detenuto morto a San Vittore, la famiglia: "Indagare per omicidio"

Da sei anni i genitori di Alessandro cercano la verità

Carcere (foto di repertorio)

Carcere (foto di repertorio)

Milano, 13 dicembre 2018 -  Da sei anni i genitori di Alessandro Gallelli, trovato senza vita nella sua cella nel carcere di San Vittore il 18 febbraio 2012, cercano la verità. Oggi l'avvocato Gabriele Pipicelli, legale dei fratelli della vittima, ha chiesto alla Procura di Milano di avviare nuove e più approfondite indagini e ha spiegato perchè il fascicolo non può essere archiviato.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il 21enne si sarebbe suicidato impiccandosi con la sua felpa alle sbarre della cella. Ma per i consulenti di parte nominati dalla famiglia della vittima, quel decesso "non è compatibile con l'ipotesi suicidiaria prospettata dalla Procura", ma al contrario è "riconducibile a un omicidio mediante strozzamento". In base a questa ipotesi, gli autori del delitto avrebbero anche tentato di pilotare le indagini con "una successiva attività di staging", vale a dire una "manipolazione volontaria della scena criminis", necessaria per arrivare "alla simulazione" del suicidio.

Una prima indagine per omicidio colposo avviata dal pm Giovanni Polizzi nei confronti di due agenti di polizia penitenziaria in servizio a San Vittore si concluse con un provvedimento di archiviazione. Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano aprì poi un secondo fascicolo, ma dopo alcuni accertamenti a giugno scorso il magistrato chiese l'archiviazione. Una conclusione non accolta dai familiari della vittima che si sono opposti alla conclusioni dei pm. "Ci sono tutti i requisiti per aprire un'indagine per omicidio volontario e falso ideologico. I responsabili sono ben identificati: sono le persone che erano in servizio quel giorno in quel reparto". Fu una morte "poco chiara" anche secondo il Tribunale civile di Milano che negli anni scorsi condannò il Ministero della Giustizia a risarcire la famiglia della vittima per omissione. Il 21enne, che soffriva di problemi psichici, doveva essere tenuto sotto controllo 24 ore su 24. Controllo che, a giudizio del Tribunale Civile, non fu fatto. Ora la parola passa alla giustizia penale: il verdetto del gip Mannocci è atteso nei prossimi giorni.

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