Dalle armi di via Imbonati agli yacht dei narcos

La parabola criminale di Massimiliano Cauchi. Sequestro antimafia per i 15,8 milioni di euro ritrovati dalla Mobile dietro un muro.

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di Nicola Palma

In 24 anni, tra il 1996 e il 2019, Francesco Massimiliano Cauchi ha prodotto redditi per 313.131,86 euro, per una media annua "pari a circa 13.050 euro". Una cifra che corrisponde al 2,2% dei 15.792.645 euro ritrovati dagli agenti della Narcotici della Squadra mobile dietro il muro dell’abitazione del padre. Un fiume di denaro senza alcuna giustificazione, se non quella che rimanda al curriculum criminale da narcotrafficante di primissimo livello che il quarantaseienne originario della ragusana Scicli si è costruito sottotraccia tra la fine degli anni Novanta e il primo decennio dei Duemila. Poi le inchieste in serie, prima a Bologna e poi a Milano, ne hanno fatto emergere il profilo da importatore di maxi quantitativi di hashish dal Marocco. Proprio in virtù della macroscopica sproporzione tra entrate in chiaro e guadagni occulti e sul livello di pericolosità sociale raggiunto da Cauchi, la Sezione autonoma Misure di prevenzione del Tribunale, sulla base delle indagini patrimoniali svolte dagli agenti della Divisione Anticrimine (guidati dalla dirigente Alessandra Simone) e in accoglimento della richiesta avanzata da Questura e Dda, ha disposto il sequestro antimafia del tesoro di via Casoretto 33. Ora, con l’inversione dell’onere della prova, toccherà a Cauchi dimostrare l’origine legale di quei quattrini; se non ci riuscirà, com’è altamente probabile, verranno confiscati. Dal provvedimento emesso dal collegio Roia-Tallarida-Pontani, emergono particolari inediti della parabola del siciliano trapiantato all’ombra della Madonnina.

Sì, perché nel corso di un interrogatorio del 2004, Hichem C. ha associato il suo nome alla rapina al portavalori di via Imbonati del 14 maggio 1999, durante la quale fu gravemente ferito alla testa l’agente scelto Vincenzo Raiola, che morì quattro giorni dopo all’età di 26 anni. "Dopo aver precisato di essere amico di Cauchi e di rifornirsi da lui di hashish già dal 1997 – si legge negli atti – ha inoltre narrato che l’odierno proposto gli aveva richiesto di occultare una notevole quantità di armi da guerra presso un suo box in via Ronchi, armi che Cauchi già custodiva presso il garage del padre sito a Milano, nella zona dell’Ortomercato". Armi arrivate dai Balcani "a bordo di un carroattrezzi condotto da un cittadino croato". E ancora: "C. ha affermato di essere certo che le armi in questione fossero quelle utilizzate nel corso della rapina (i banditi spararono con kalashnikov, mitragliette e bazooka, ndr), avendo riconosciuto in televisione il soggetto a cui il Cauchi le aveva vendute". In un’altra inchiesta della Mobile del 2013, quella sul tentato omicidio di Luigi Piatti, il quarantaseienne è finito nell’informativa conclusiva come capo di un gruppo di trafficanti legato alla "famiglia calabrese di Salvatore Trocino" e fornitore di "tifosi ultrà milanisti", tra cui l’attuale capo della Sud Luca Lucci, "che si occupavano della vendita al dettaglio durante gli eventi sportivi".

Insomma, l’identikit di un personaggio dotato di "una considerevole pericolosità sociale", partito nel 1991 (da minorenne) con un tentato furto d’auto e cresciuto fino a essere capace di accumulare quella cifra monstre. Oltre ai 15,8 milioni, è finito sotto sequestro anche un fabbricato commerciale a Bisceglie, in provincia di Bari, che Cauchi ha acquistato nel febbraio 2011 per 250mila euro, "senza ricorso al credito".

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