La crisi dei microchip blocca l'automotive, l'esperto: "Colpirà anche l'Italia"

Fermo di produzione agli stabilimenti Audi di Bruxelles e Volvo di Ghent. Salvadori (Politecnico): "Problemi di approvvigionamento e rincari anche sulla filiera dell'industria italiana"

Stm colosso mondiale dei microchip con sede in Brianza

Stm colosso mondiale dei microchip con sede in Brianza

Milano, 17 giugno - La crisi dei microchip rischia di paralizzare anche il mercato italiano dopo aver già causato il fermo di produzione agli stabilimenti Audi di Bruxelles e Volvo di Ghent. L'allarme era stato lanciato già nei mesi scorsi: la produzione mondiale non riesce a stare al passo con la richiesta, in particolare nel settore automotive. "La notizia del fermo di produzione agli stabilimenti Audi di Bruxelles e Volvo di Ghent a causa della mancanza di microchip - avverte Giulio Salvadori, direttore dell'Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano - è la conferma della grave carenza che da diversi mesi ha colpito i semiconduttori, fondamentali per realizzare i circuiti elettronici, mettendo a serio rischio la produzione di diversi settori che è destinata purtroppo a durare a lungo. I gravi problemi di approvvigionamento e rincari stanno comportando ricadute anche sulla filiera dell'industria italiana".

I problemi maggiori sono legati alla alla filiera di componenti per il settore auto, sottolina Salvadori, che avverte: "Già negli scorsi mesi alcuni stabilimenti produttori presenti sul nostro territorio sono stati interessati da alcune sospensioni delle attività lproprio per la mancanza di microchip. Attualmente i semiconduttori sono utilizzati quasi ovunque. A fare rumore è la carenza nell'automotive e nell'elettronica di consumo fortemente colpite, ma in realtà ha investito anche la produzione di energia solare, condizionatori, dispositivi per rilevare la temperatura".

E non è un caso che ad aprile del 2020 il sensore più utilizzato al mondo per la rilevazione della temperatura corporea fosse introvabile. È un fenomeno cross-settoriale e un mercato cresciuto molto negli ultimi anni. Per l'esperto la crisi attuale è il risultato di diversi fattori. In primo luogo, la concentrazione geografica. "L'80% della produzione dei semiconduttori è realizzata in quattro paesi, Cina, Taiwan, Corea del Sud e Giappone - sottolinea Salvadori -. E attualmente si assiste all'onda lunga generata dallo stop agli impianti di produzione di componenti in Asia nei primi mesi del 2020. Le risorse disponibili sono state drenate da due settori, elettromedicale e comunicazione a distanza, che hanno visto un'impennata di richieste con la pandemia. Infine, è da considerare il fenomeno di accaparramento che ha portato molte aziende a creare scorte, aumentando di conseguenza la domanda".

Per l'esperto, è difficile fare previsioni. "Alcuni grandi player del settore ritengono che la carenza di semiconduttori possa durare almeno un paio di anni - sottolinea Salvadori -. Incrementare la produzione di semiconduttori è molto complesso, si tratta di tecnologie avanzate che richiedono tempi di sviluppo molto lunghi e costi di investimento elevati, nell'ordine dei miliardi di dollari. C'è poi una catena complessa di attori, sia per quanto riguarda la fornitura di materie prime, sia di apparecchiature per poter produrre i semiconduttori".