Covid: virus dalle sette vite in Lombardia

Uno studio condotto da Statale, Niguarda e San Matteo “mappa” le varianti in circolo già nella prima ondata della pandemia

Migration

di Simona Ballatore

Sette varianti del Covid-19 giravano in Lombardia già nella prima ondata. A tracciarle è lo studio condotto dai ricercatori dell’Università Statale di Milano, dell’Ospedale Niguarda e del Policlinico San Matteo, sostenuto da Fondazione Cariplo e appena pubblicato su Nature Communications. L’approccio è filogeografico: sotto la lente 371 tamponi nasofaringei, raccolti da 371 pazienti residenti in tutte e 12 le province lombarde, con sintomi di malattia variabili; dai tamponi il sequenziamento di 346 genomi. "Nella virologia, la storia delle varianti non è nuova – spiega Claudia Alteri, ricercatrice del Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia della Statale – anche se SARS-CoV-2 ha un tasso di evoluzione ridotto rispetto ad altri virus che conosciamo, come quello dell’epatite C. In Lombardia nella prima ondata è stato possibile individuare sette varianti virali, che vengono identificate con il nome di lignaggi all’interno della regione". A.2, B, B.1, B.1.1, B.1.8, B.1.1.1, B.1.5: i loro nomi scientifici. "Buona parte di questi lignaggi – continua la ricercatrice – hanno in comune una mutazione all’interno della proteina S, la spike, di cui tanto si parla. La prima mutazione è correlata a una elevata trasmissibilità ed è stato avvalorato da alcuni studi molto importanti in vitro".

I campioni analizzati sono stati raccolti dal 22 febbraio – a ridosso del primo caso scoperto a Codogno – fino al 4 aprile. Anche se l’origine di questi lignaggi, preponderanti all’interno della regione, potrebbe essere collocata tra fine gennaio e inizio febbraio. Le sette varianti non si sono diffuse tutte allo stesso modo in Lombardia. "Le prime due A.2 e B sono state riscontrate soltanto in un individuo all’interno del nostro dataset – spiega Claudia Alteri – e sono le due varianti che più si “avvicinano“ al virus originale, cinese. Per tutte le altre si è riscontrata una buona diffusione all’interno della regione, soprattutto relativa ai lignaggi B.1, B.1.1, e B.1.5". In particolare il Sud della Lombardia è stato maggiormente colpito dalla variante B.1, mentre le province di Brescia e Cremona dalla B.1.1. Ci sono state almeno due sub-epidemie, una preponderante nelle province di Lodi e Cremona, l’altra a Bergamo, con Alzano e Nembro. "Il centro economico lombardo e in particolare Milano e la sua provincia hanno dimostrato invece una egual diffusione di queste quattro varianti principali – sottolinea la ricercatrice della Statale – a dimostrazione di come le connessioni sia verso l’Europa che dentro l’Italia abbiano influenzato la variabiltà".

Nello studio si è cercato di sondare anche la potenziale origine, nei limiti delle disponibilità delle sequenze a livello mondiale. "Alcuni di questi lignaggi potrebbero essersi originati proprio all’interno della regione – spiega Claudia Alteri –. Per quanto riguarda per esempio B.1, una potenziale origine potrebbe essere la Lombardia". Tra le sette varianti lombarde non ci sono particolari differenze a livello sintomatologico: una non è più aggressiva dell’altra. Lo studio milanese racchiude in sé anche un messaggio: "È fondamentale andare avanti col tracciamento della variabilità virale – sottolinea la ricercatrice della Statale –: può garantire la messa in campo di misure di controllo e di limitazione della diffusione di potenziali nuove varianti. E con lo studio della variabilità virale si arriverebbe prima a capire quali direzioni il virus sta prendendo".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro