Covid al Trivulzio, l’accusa dei pm: dirigenti inadeguati

La maxiconsulenza anticipa i "grossolani errori" durante la gestione del Coronavirus nelle case di riposo

Il "picchetto" davanti al Pio Albergo Trivulzio dei parenti degli ospiti

Il "picchetto" davanti al Pio Albergo Trivulzio dei parenti degli ospiti

Milano, 11 aprile 2021 - Sarà una settimana decisiva per la Procura nello stabilire le prossime mosse dopo il deposito della maxi consulenza sugli oltre 400 morti al Trivulzio. Un passo importante verso una giustizia che le famiglie aspettano da mesi, da quando cioè hanno perso i padri, le madri, i parenti all’interno delle Rsa, senza poterli nemmeno assistere o salutare. Tra gennaio e aprile 2020, si legge nelle carte depositate, il 33% delle morti registrate al Pio Albergo Trivulzio sarebbe attribuibile con alta probabilità al Covid e nello stesso periodo si è registrato un tasso di mortalità del 40% più alto rispetto a periodi normali e sempre riconducibile al Coronavirus. Nella consulenza emergerebbero anche carenze sul tracciamento della malattia, sull’isolamento degli anziani che non sarebbe stato organizzato in modo corretto, sulle informazioni non corrette date al personale e sulla sicurezza sul lavoro. La maxi consulenza è frutto del lavoro di mesi da parte di un pool di esperti, nel corso dei quali sono state analizzate oltre 400 cartelle cliniche. Nei prossimi giorni in Procura, una riunione tra il gruppo di tecnici (tra loro l’epidemiologo Antonio Toniolo e il medico del lavoro Franco Tagliaro) il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e i pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, si deciderà come procedere. Nell’indagine sul Trivulzio sono più di cento le parti offese. Se la procura si mostra prudente nelle valutazioni, anticipa tuttavia alcune macro considerazioni relative alla "gravissima inadeguatezza" da parte di Regione Lombardia e da parte dei dirigenti da loro nominati nella gestione di una "emergenza sì imprevedibile, ma in alcuni aspetti in parte arginabile". La “colpa“ della Regione, secondo la Procura ed anche di Ats (ex Asl) sarebbe stata quella di avere unito "inesperienza a incompetenza e a grossolana improvvisazione" anche nell’applicazione delle direttive. Incapacità professionale che non avrebbe certo aiutato ad arginare il proliferare dell’epidemia. Dalle mancate diagnosi a pazienti, ospiti e personale, che veniva fatto rientrare dalla "malattia" senza l’obbligo di eseguire tamponi. mail : anna.giorgi@ilgiorno.net

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