Covid e risse tra ragazzini organizzate sui social. "Riaprite palestre e scuole"

L'analisi del direttore della Pediatria del Sacco, Luca Bernardo: "Mancano valvole di sfodo, la violenza esprime il disagio per le restrizioni e una richiesta di aiuto"

La rissa tra ragazzini organizzata a Gallarate

La rissa tra ragazzini organizzata a Gallarate

Milano, 22 gennaio 2021 - Da Gallarate a Bollate, passando per tante altre città italiane: la violenza e le risse tra ragazzi organizzate sui social sono diventate un fenomeno tanto dilagante quanto preoccupante. Quale disagio nascondono? Una risposta, legata alle restrizioni dovute alla pandemia, arriva da Luca Bernardo, direttore del dipartimento di Pediatria del Sacco di Milano. "Sono un modo molto duro, aggressivo, molto cattivo e prepotente di riaffermare che sul palcoscenico della vita sono loro, i ragazzi, a comandare - spiega lo specialista - e se non vengono compresi e messi in condizioni di incontrarsi, passano alle mani. Ed e' tanto vero che il loro obiettivo e' riappropriarsi della scena che filmano questi episodi, pur sapendo di stare commettendo dei reati, e li mettono poi online, col rischio di essere riconosciuti perche' fanno tutto a volto scoperto". In altre pariole,  stanno venendo meno tutte le valvole di sfogo normalmente utilizzate dai ragazzi per scaricare le proprie emozioni, prima fra tutte la rabbia. "Il Coronavirus - ribadisce - detta regole opprimenti e sconfortanti, chiede ai ragazzi di chiudersi fra le quattro mura domestiche, in uno spazio ristretto, condiviso con altri, lontani dalla scuola, dall'affetto degli amici, dai  locali, dalle piazze, dalle attivita' sportive, dalla liberta' piu' profonda. La solitudine, la noia, la frustrazione, l'insicurezza, la tristezza, la rabbia sembrano prendere il sopravvento, scaraventando gli adolescenti in un turbinio di emozioni talvolta violente e disorganizzate. Questo li rende non solo trasgressivi ma anche aggressivi. Un'aggressivita' che si manifesta attraverso il fisico con esplosioni di violenza verso i pari. E sono manifestazioni trasversali rispetto al genere: in queste risse sono infatti spesso coinvolte anche le ragazze. I nostri adolescenti sembrano pensare: 'Sono arrabbiato, so di essere aggressivo ed esprimo questa aggressivita' trovandomi con altri compagni di viaggio, aggressivi come me, ai quali do appuntamento per uno scontro totale, non importa cosa puo' succedere'. Per questo- constata Bernardo - dobbiamo sperare che non accada la tragedia, perche' purtroppo quando un ragazzo e' lasciato libero nella sua aggressivita', in alcuni momenti puo' non ragionare e non rendersi conto di quanto male puo' fare". Questi episodi di violenza non sono, tuttavia, rappresentano anche "una richiesta di aiuto e di ascolto rivolta agli adulti. Un grido- sottolinea con forza il pediatra- che non puo' restare inascoltato". In che modo si puo' contrastare questa violenza? "Prima di tutto bisogna capire che questi ragazzi hanno bisogno di sfogarsi. Per questo personalmente sono contrario alla chiusura delle palestre, che sono luoghi di aggregazione e permettono ai ragazzi di scaricare le tensioni e spesso anche la rabbia. Se non consentiamo loro di scaricarsi, gli adolescenti trovano comunque il modo di incontrarsi. Alcuni lo fanno semplicemente in piazza, per bere, fumare e chiacchierare, altri invece scelgono un'altra strada che e' quella della violenza".

La possibilita' di sfogarsi e scaricarsi fisicamente, con lo sport, ovviamente non puo' bastare. "I ragazzi devono andare a scuola. Noi adulti non possiamo scaricare sui ragazzi la responsabilita' della loro sicurezza a scuola. Con loro - ricorda il pediatra- bisogna parlare con chiarezza e onesta', spiegando cosa possono e non possono fare, sapendo che sono perfettamente in grado di fare la propria parte. Ma la responsabilita' di mandarli a scuola o in palestra in sicurezza spetta a noi. Oggi non li mandiamo perche' noi non siamo in grado di proteggerli". 

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