Schiavi di Tik Tok e dell'effetto grotta causa Covid. Studio shock sugli adolescenti

Un anno dopo la pandemia fa più paura ai ragazzi, che si piacciono meno. Impenna l’uso di cellulari e Tik Tok, ma anche il volontariato

Social e isolamento

Social e isolamento

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Milano - Rispetto a un anno fa gli adolescenti milanesi hanno ancora più paura del Covid, soprattutto le ragazze. È peggiorato il rapporto con il proprio aspetto fisico, forse complice lo sport sospeso. Ma in una fascia d’età travolta dallo “tsunami social“, che legge sempre meno e che deve fare i conti con la “Covid-solitudine“, cresce la propensione verso il mondo del volontariato.

A mettere in luce i cambiamenti è il Laboratorio Adolescenza che, insieme a Istituto Iard, e con il patrocinio del Comune di Milano, ha interpellato 1.914 studenti che frequentano la terza media o le superiori della città. Primo dato: rispetto ai mesi di maggio e aprile del 2020 sono più preoccupati: lo confessa il 70% degli intervistati contro il 63,9% di un anno fa. Con differenze notevoli tra maschi e femmine (il 77% delle ragazze è "preoccupatissimo" rispetto al 56,9% dei compagni, che hanno risentito maggiormente dell’assenza di contatti sociali). Sulla lista dei “motivi d’ansia“ c’è sempre la salute al primo posto (i più preoccupati sono i ragazzini di terza media, al 38,8%).

E gli adolescenti temono più i "problemi economici" rispetto alla mancanza di libertà. Didattica a distanza sotto la lente, con una difficoltà a concentrarsi evidenziata soprattutto dagli studenti dei tecnici e dei professionali (55%). Ma non tutto è da “buttare“: soprattutto alle superiori oltre il 63% degli studenti plaude alla minore perdita di tempo nel tragitto casa-scuola, con conseguente migliore organizzazione dei tempi studio. E sul futuro della Dad il campione dei milanesi si spacca a metà: il 44,6% vorrebbe cancellarla per gli anni a venire, il 42,3% “integrerebbe“ alcune attività online con le lezioni. C’è poi un 12,5% che addirittura vorrebbe fosse prevalente. "Hanno apprezzato il loro “bozzolo“ e questo ci deve fare riflettere, intercettando anche i ragazzi che hanno più difficoltà a relazionarsi e a chiedere aiuto", ha spiegato l’assessore all’Educazione, Laura Galimberti, durante la presentazione dell’indagine in commissione comunale. Anche perché la mancanza di socialità pesa particolarmente su questa fascia d’età: il 75% ha drasticamente ridotto la frequentazione degli amici (il 20% dice di averli incontrati "quasi per nulla“"). Se uno su tre ha risentito di questa “astinenza“, c’è chi si è buttato sui social. Tanto che dal Laboratorio Adolescenza parlano di vero e proprio “Tsunami social“: si abbassa l’età nell’uso di smartphone: nel 2019, lo aveva il 60,4% degli under 11 anni (era il 40,9% nel 2016), oggi la percentuale schizza all’80,7% (più della media nazionale, al 78,1%). E l’impennata si vede anche nell’uso dei social network, che dovrebbero essere “vietati“ agli under 13: se i “social baby“ (con meno di 11 anni) erano il 20,5% nel 2016 e il 34,5% nel 2019, sono diventati il 40,1% quest’anno.

TikTok prima utilizzato dal 28,7% del campione, oggi è al 65%, con le ragazze che arrivano al 75,2%. E qui si innesta un altro fenomeno: "I tempi social sono brevissimi – spiega Maurizio Tucci, presidente di Laboratorio Adolescenza –. C’è un inseguimento tra nativi digitali e una generazione che non lo è: quando i genitori prendono consapevolezza di un social, loro sono già passati a quello successivo". C’è un 75% di ragazzi che non spegne il cellulare neppure di notte (era il 59,1% nel 2019). "L’overdose di social non sembra però aver incrementato i fenomeni di cyberbullsmo", spiegano i ricercatori. Tra le spie del disagio che i ragazzi si trascinano, un anno dopo, il sonno e l’alimentazione, più sregolata.

Giovani determinati, però, a riprendere in mano la loro vita, partecipando ad attività e a gruppi organizzati, ma soprattutto impegnandosi nel volontariato: se il 17% già lo fa, il 57% vorrebbe farlo. "L’indagine evidenzia in maniera plastica la misura dei sacrifici di bambini e ragazzi nell’ultimo anno e mezzo – sottolinea l’assessore all’Educazione, Laura Galimberti – e ci indica su cosa dobbiamo lavorare per ricostruire, anche partendo dalla sorprendente propensione a mettersi in gioco attraverso il volontariato". Pure in questo caso, spiccano le ragazze: il 65% è pronto a scendere in campo. "Sono più disponibili a mettersi in gioco e a studiare all’estero. E sono più consapevoli, più responsabili rispetto al Covid e alla salute – commenta Carlo Buzzi, docente dell’università di Trento –.Sono più propense a decisioni coraggiose, ma pagano il tributo con maggiore stress, ansie, insicurezza. Peggiora il rapporto col corpo: il 56% non si piace fisicamente rispetto al 22% dei maschi, fanno più fatica ad addormentarsi, c’è maggiore conflittualità tra genitori e figlie. Le politiche a favore dei giovani devono saper distinguere tra le diverse sensibilità".