Da nullatenente a imprenditore d’assalto, così “Tony u mutu“ collezionava bar e bistrot

All’ombra della Madonnina: Gagliostro e i legami con il boss Domenico Laurendi

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di Marianna Vazzana

"Noi abbiamo pagato 120mila euro di cambiali. Ti devi stare là, ti cacci lo stipendio, ci prendiamo qualche altra cosa, perché qualche altra cosa c’è intanto. Che devo fare, questo! Non ho altro da fare". In poco più di un anno, nonostante fosse nullatenente e avesse trascorso diversi anni in carcere, si è trasformato in un "imprenditore d’assalto" rilevando due bar e un ristorante a Milano e allungando i tentacoli della ‘ndrangheta all’ombra della Madonnina. È il profilo di Antonino Gagliostro detto "Tony u mutu" delineato nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato a nove arresti per concorso esterno con la ‘ndrangheta, autoriciclaggio, intestazione fittizia e trasferimento fraudolento di valori.

Un altro durissimo colpo inferto dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria alla malavita di Sant’Eufemia d’Aspromonte legata alla potente cosca Alvaro di Sinopoli, con l’operazione "Eyphemos 2".

Dalle indagini emerge come Tony u mutu fosse legato a doppio filo con Domenico Laurendi, il boss: a lui nelle intercettazioni si rivolge prima di compiere qualsiasi passo, informandolo degli affari a Milano "per fatturare, per fare...", riciclando, investendoli, i proventi delle attività illecite. E nel capoluogo lombardo Gagliostro rivestiva cariche in ben tre società: Tolstoi Srl nella quale era amministratore unico, con la gestione di Blanco Cafè via Leone Tolstoi 9, San Gottardo bistrot Snc, di cui era socio amministratore, per curare gli interessi del bar con cucina Bonomi Bistrot di corso San Gottardo 51, e Le Saie Milano Sas di cui era socio accomandatario. Nelle intercettazioni, a Domenico Laurendi dice di aver fatto un accordo con i fratelli della sua compagna Vittoria Idà, cioè Giuseppe Idà detto "Pinnacchia" e Diego Idà, per fare gestire loro le attività nelle quali aveva quote intestate a terzi.

Il 14 gennaio 2018 gli fa sapere di aver rilevato un’attività (Blanco cafè) pagando 120mila euro in cambiali: a maggio 2018 prende le redini della società ed è in trattativa per un altro locale (Bonomi Bistrot), acquisito a marzo 2019.

Un mese prima aveva costituito la società San Gottardo Bistrot Snc di Idà Giuseppe e Vittoria, detenendo lui il 50% e i due fratelli al 25% ciascuno la restante parte.

"Per qualsiasi affare avviato o da avviare - è scritto nell’ordinanza - i patti tra cognati erano precisi ed erano imposti dal Gagliostro: costui avrebbe dovuto avere sempre, quantomeno, il 50%". Ma le società e i bar non gli bastavano. Quindi coinvolge Rocco Iannì, ristoratore già colpito in un precedente procedimento per aver detenuto illegalmente una pistola di Gagliostro, ad acquisire un ristorante (Shannara) in viale D’Annunzio: mentre è a cena nel locale, il 7 aprile 2019, telefona al "socio" dicendogli "Guardandolo bene, lo sai che non è male?".

Il 4 luglio viene costituita la società Le Saie Milano Sas di Iannì Rocco & C. A preservare tutti gli "investimenti" della cosca c’erano anche professionisti come il commercialista Gregorio Cuppari. Nell’elenco dei beni figurano anche quelli milanesi: "È abbastanza corposo - ha commentato a Reggio il procuratore distrettuale Giovanni Bombardieri -, un paniere di società non solo in Calabria ma anche in Lombardia, Marche e Veneto, che certificano ancora una volta la propensione della ‘ndrangheta a riciclare capitali di provenienza illecita anche fuori dal bacino territoriale di origine".

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