Segrate, il sindaco accetta le dimissioni di Costamagna

L'ormai ex assessore ha lasciato l'incarico di sua volontà dopo la condanna per evasione fiscale. Aperta la partita per la successione in giunta

L'ex assessore Umberto Costamagna (NewPress)

L'ex assessore Umberto Costamagna (NewPress)

Segrate, 31 ottobre 2018 - Il Sindaco ha “incassato” le dimissioni di Costamagna, lo zoccolo duro del Pd ha aperto la corsa alla poltrona. Uscito di scena tre settimane dopo la sua nomina, Umberto Costamagna è stata una meteora nella giunta Micheli. A spingere Umberto Costamagna a rassegnare le dimissioni è stata la condanna (a 16 mesi di reclusione con la condizionale) per avere evaso 3 milioni e 153mila euro con la società Call&Call, una holding che in tutta Italia conta 2.600 dipendenti.

«Prendo atto  delle dimissioni che non erano affatto scontate nell’Italia delle poltrone e aggiungono ancor più valore alla persona, tanto più che non ci sono cause tecnico-legali che lo facciano decadere dall’incarico», dice il sindaco. Le dimissioni sono arrivate al protocollo giovedì pomeriggio, il primo cittadino si è preso qualche giorno di tempo per decidere se accettare o rispedire la lettera al mittente. «Privarci di un assessore così valido è molto doloroso. La sentenza è del tutto inaspettata, tutto avrebbe fatto pensare a un’assoluzione essendo stato il debito in parte pagato e poi stralciato da un accordo di transazione fiscale con l’Agenzia delle Entrate. Così non è stato, almeno in primo grado. La giustizia ora farà il suo corso e siamo tutti fiduciosi che alla fine Costamagna saprà dimostrare già in appello che le scelte aziendali furono fatte in buona fede».

Il Pd sta spingendo per una nuova nomina, tra le candidature in campo l’ex segretario cittadino Damiano Dalerba e Augusto Schieppati, da sempre sulla scena politica segratese e già cassato da Micheli nella contesa con Costamagna. Ma ora la condanna potrebbe riaprire i giochi e riabilitare Schieppati. «A Segrate ci sono molte cose da fare: il lavoro della giunta non si ferma, ora più che mai», conclude Micheli.

 

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