Corruzione Sanità, Canegrati: "Farò chiarezza"

Interrogati i protagonisti arrestati dell'operazione Smile. Intercettazioni: chiamavano Rizzi "allevatore di maiali"

Maria Paola Canegrati

Maria Paola Canegrati

Milano, 18 febbraio 2016 - Ha chiesto tramite avvocato gli arresti domiciliari e assicurato: «Voglio fare chiarezza punto per punto». Questa l'intenzione di Maria Paola Canegrati, l'imprenditrice finita in carcere l'altro ieri nell'ambito dell'inchiesta di Monza sul malaffare nel mondo della sanità lombarda, e interrogata nel mattino per rogatoria nel carcere di San Vittore a Milano.

L'imprenditrice, davanti al gip Luigi Gargiulo, ha reso una dichiarazione spontanea. L'istanza per i domiciliari verrà trasmessa al giudice monzese Emanuela Corbetta. Inoltre, come ha spiegato il difensore Leonardo Salvemini, verrà depositata a breve una corposa memoria con dati e atti allegati «con cui cercheremo di chiarire affinché l'innocenza della mia assistita venga accertata dalla magistratura. Il quadro è molto complesso. Da parte nostra c'è la massima collaborazione e la massima fiducia nell'autorità giudiziaria». L'imprenditrice, titolare di un gruppo di società operative nel settore dell'ortodonzia, per l'accusa sarebbe al centro del cosiddetto «sistema Canegrati», di cui avrebbero fatto parte anche Fabio Rizzi, presidente della Commissione sanità della Regione Lombardia e il suo 'braccio destrò Mario Valentino Longo. Un sistema in cui «Canegrati (con la collaborazione del socio commercialista Marchetti, artefice delle alterazioni contabili necessarie per mascherare le tangenti)» avrebbe «fatto della corruzione il principale, se non esclusivo, strumento, per garantirsi l'aggiudicazione delle gare di appalto presso le strutture pubbliche o la gestione di centri odontoiatrici presso strutture convenzionate, usando come grimaldello i politici al suo remunerato servizio».

Fabio Rizzi ha parlato a ruota libera per due ore abbondanti con il gip del Tribunale di Monza, durante il suo interrogatorio di garanzia terminato intorno alle 15.30 nel carcere di Monza, dove il presidente della commissione sanità é detenuto da martedì scorso, dopo l'arresto per presunte tangenti. Il suo avvocato Monica Alberti ha dichiarato di aver già depositato istanza per i domiciliari: «Rizzi ha chiarito la sua posizione facendo una lunga dichiarazione e poi rispondendo ad alcune domande del giudice - ha commentato il legale a margine dell'interrogatorio - Non abbiamo parlato del partito, nonostante lui sia consapevole di essere finito politicamente. Mi ha chiesto della compagna e dei congiunti». Nel merito della posizione presa dal suo assistito rispetto alle accuse, l'avvocato non si é pronunciato «non entro nel merito del processo, ribadisco abbia dato la sua versione dei fatti. Chiederò un interrogatorio anche al magistrato»

Intanto dalle intercettazioni emerge che lo stesso Rizzi era chiamato «allevatore di maiali» o «allevatore di polli». Con questi due appellativi «in più occasioni» due degli arrestati nell'inchiesta si riferivano a al consigliere: Mario Valentino Longo, il suo 'braccio destro', anche lui finito in carcere e lo stesso faceva un altro degli arrestati, l'imprenditore Stefano Lorusso.

Dal canto suo Mario Longo ha reso al gip di Monza Rosaria Pastore che lo ha sentito nel carcere San Quirico di Monza "molti chiarimenti, ma non ammissioni". Lo ha riferito il suo legale, l'avvocato Roberto Losengo, al termine del l'interrogatorio di garanzia. Il suo legale ha definito l'interrogatorio di oggi come "un colloquio molto costruttivo" con Longo che "ha reso dichiarazioni molto costruttive". L'intenzione è quella di presentare richiesta di scarcerazione. L'avvocato Losengo lo farà sulla base di una memoria difensiva che sarà messa a punto non appena "avremo a disposizione i documenti personali e relativi all'attività lavorativa" di Longo. Ma per il momento, ha tenuto a sottolineare ancora il legale, "oggi è stato utile che Longo si confrontasse".

Anche Giorgio Alessandri, il medico odontoiatra del Policlinico, difeso dagli avvocati Chiara Padovani e Luca Luparia, durante l'interrogatorio nel carcere di piazza Filangieri, ha cercato di chiarire puntualmente la sua posizione dichiarando l'estraneità sua e della sua compagna ai fatti contestati. I suoi difensori stanno valutando di chiedere la revoca della misura cautelare in carcere o, in alternativa, gli arresti domiciliari.

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