Coronavirus, "Vanzaghello isola felice". Parola del virologo Galli

Il primario del Sacco ha illustrato i risultati dell’indagine epidemiologica. Solo il 3,5% della popolazione sottoposta a screening ha sviluppato anticorpi

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"Questa si è dimostrata un’isola vergine. Difendetela". Così Massimo Galli, primario di Malattie Infettive all’ospedale Sacco di Milano, ha commentato i dati dell’indagine epidemiologica che ha diretto, la scorsa estate, e che ha visto coinvolti i cittadini di quattro paesi lombardi (oltre a Vanzaghello, Carpiano, Suiso e Castiglione d’Adda). A Vanzaghello si sono presentati per effettuare il test rapido il 41% della popolazione (gli abitanti sono 5.330). Una presenza che è andata al di là delle aspettative, proprio perché il paese non è stato particolarmente colpito dalla pandemia (solo 3 i morti, uno in casa di riposo, uno anziano e l’altro con gravi patologie). "Dove il Covid ha colpito duro e ha circolato prima che si conoscesse l’esistenza - ha detto Galli -, come ad esempio a Castiglione d’Adda, ha partecipato all’indagine il 90% della popolazione. Lì la gente sentiva maggiormente il bisogno di sapere se aveva contratto il virus. Qui un po’ meno". Tra gli oltre 2000 prelievi effettuati a Vanzaghello è emerso che solo il 3,5% delle persone ha sviluppato anticorpi dovuti al Covid. A Castiglione d’Adda questo stesso dato è stato pari al 23%. Soprattutto dall’indagine è emerso che a luglio a Vanzaghello non c’era più traccia del virus. A campione, tra le persone che si sono sottoposte al test, sono stati effettuati anche 161 tamponi. L’esito è stato di zero positivi. Significa che "qui il virus è arrivato talmente poco, che avete preservato anche gli anziani. Un patrimonio di salute da salvare" ha detto Galli. Poi ha aggiunto "Vi è andata molto bene all’altro giro. Ora c’è da sperare di non avere a Vanzaghello un Covid.2, visto che, come dicono a Milano, la situazione comincia a farsi piuttosto spessa".

Nel corso dell’incontro di presentazione dei dati dell’indagine Galli si è anche soffermato sull’attualità, sul numero dei contagiati in continua crescita. "Un po’ meno lassismo e più attenzione della gente in estate ci avrebbe aiutato: bisognava capire che non era finita e che, a differenza di quello che ha detto qualcuno, il virus non ha perso mordente. A differenza di fine inverno oggi sappiamo gestirlo meglio, ma al di là delle balle che si sentono, la malattia ha solo un paio di farmaci per i casi gravi, zero per chi è a casa in quarantena. Quindi bisogna stare attenti". Le sue ricette. "Bisogna sfoltire i ranghi riducendo il numero delle persone che devono spostarsi attraverso lo smart working e l’alternanza (15 giorni a scuola e 15 a casa, con la didattica a distanza) per gli studenti delle scuole superiori. Permettere ai mezzi pubblici di viaggiare con l’80% della capienza? Su quale base scientifica questo numero è stato stabilito?". La chiosa finale. "A 69 anni e a uno dalla pensione, mai mi sarei aspettato di dover far fronte a una simile emergenza – ha detto il medico milanese –. Mi ero illuso che fosse come la Sars nel 2004, con quattro casi in tutta Italia, nessuno mortale. Isolata la Cina, ci siamo illusi che la potessimo scampare. Invece da noi il virus girava già dal 25 gennaio, un mese prima di quando ce ne siamo accorti. Ed è stato tardi".

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