Coronavirus, scontro sui tamponi al personale sanitario

Il sindaco: vanno fatti a tutti. L’assessore Gallera: facciamo quel che ci dice l’Istituto superiore di sanità. Le mascherine? Le produrremo

Operatori in campo con i tamponi per accertare l'eventuale infezione da coronavirus

Operatori in campo con i tamponi per accertare l'eventuale infezione da coronavirus

Milano, 19 marzo 2020 - C’è una rivolta su mascherine e tamponi che infiamma le trincee sanitarie della guerra al coronavirus; negli ospedali, sulle ambulanze ma anche sul territorio, perché con gli ospedali lombardi stipati da oltre ottomila ricoverati per Covid19 sempre più persone devono essere curate a casa finché è possibile. Ma i medici territoriali sono sul piede di guerra: la Fimmg lombarda, che aveva già diffidato le Ats, la Regione e il Ministero della Salute a consegnare kit di protezione alla categoria, ieri ha visto morire di Covid, a 57 anni, il suo segretario lodigiano, Marcello Natali, medico di famiglia a Codogno. La federazione regionale ha lanciato una raccolta fondi per dotare i medici di base di mascherine Ffp, guanti, camici monouso, copricapo, visiere, insomma dell’equipaggiamento che in ospedale ha il personale che cura direttamente i malati di Covid.

E il sindaco Beppe Sala ieri mattina ha lanciato una campagna per i test a tappeto: "Trovo inaccettabile che ai medici, al personale sanitario e ai medici di base non venga fatto il tampone". Sostenuta da una lettera di 52 sindaci di centrosinistra della Città metropolitana che chiedono anche un’estensione dei test agli asintomatici, e la consigliera regionale dem Carmela Rozza li invoca per "tutto il personale sanitario, personale e pazienti delle Rsa, i lavoratori che non possono fare smart working e gli inquilini delle case popolari".

L’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera sottolinea che "i medici di medicina generale, come gli ospedalieri che si sono ammalati e a volte sono morti sono i nostri eroi", insieme agli altri operatori sanitari sulla prima linea contro il Covid. "Per noi tutti sono importantissimi e vanno tutelati", per i medici di base "da subito abbiamo costruito un percorso per tutelarli, indicando che i pazienti non dovevano recarsi da loro senza prima un consulto telefonico. Ma è chiaro che parliamo di professionisti che si adoperano in ogni modo per i loro pazienti, fa parte della loro missione. Abbiamo distribuito loro le mascherine che avevamo e speriamo di continuare a farlo di più, stiamo condividendo una nuova linea guida per rafforzare un ruolo di presa in carico a distanza".

L’Ats Metropolitana, a quanto risulta a Il Giorno , sta studiando sulla città una rete di assistenza domiciliare basata sulle Usca, "unità speciali di continuità assistenziale" introdotte dal decreto del 9 marzo e composte da infermieri e assistenti sanitari; i medici di base sarebbero chiamati alla sorveglianza telefonica e al monitoraggio dei propri assistiti più fragili. Le mascherine sono il nuovo "oro da dare alla patria", dice l’assessore in diretta Facebook, tanto che si sta organizzando la produzione autarchica di questi e altri dispositivi di protezione, contesi nel mondo con l’emergenza coronavirus, per sfornarne "milioni di pezzi al giorno" e distribuirne anche "agli operatori delle Rsa, ai farmacisti, ai cittadini". E prima ancora "al nostro personale medico, la cui difesa è fondamentale. Abbiamo dovuto dare una priorità perché gli operatori degli ospedali dovevano essere protetti più di altri".

E i tamponi? "Qui in Lombardia seguiamo le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità. All’inizio abbiamo fatto tamponi a tutti i contatti diretti dei positivi". Oggi invece l’Iss raccomanda i tamponi (48.983 quelli già processati nei laboratori lombardi) "solo ai contatti con problemi polmonari e a chi arriva in pronto soccorso con questi sintomi". Anche in ospedale "gli operatori sanitari il tampone lo fanno solo se sono contatti diretti di un positivo, come gli altri lavoratori dei servizi di pubblica utlilità che non possono permettersi di stare in quarantena". 

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