Milano, polmoni bruciati dal coronavirus: trapianto a 18 anni

Al ragazzo sono stati sostituiti entrambi gli organi danneggiati. Prima volta di un intervento simile in Europa per sconfiggere il morbo

Sala operatoria (foto repertorio)

Sala operatoria (foto repertorio)

Milano, 29 maggio 2020 - Quando il Coronavirus è esploso in Italia Francesco aveva diciott’anni da due settimane. Alto, sano, senza ’patologie pregresse’, eppure la nuova Sars in pochi giorni gli ha bruciato completamente i polmoni: solo la caparbietà dei rianimatori del San Raffaele e il coraggio dei chirurghi del Policlinico di Milano sono riusciti a salvargli la vita con un trapianto record.

Il 2 marzo Francesco aveva la febbre alta, quattro giorni dopo entrava in terapia intensiva al San Raffaele e dopo altri due l’hanno intubato, ma il virus ha continuato a mangiargli i polmoni: il 23 marzo gli anestesisti della Terapia intensiva cardiochirurgica lo attaccavano all’Ecmo per garantirgli l’ossigenazione del sangue con la circolazione extracorporea. Ormai a tenere in vita Francesco era quella macchina, i suoi polmoni erano compromessi senza ritorno. I medici dell’ospedale privato non si sono arresi, e a metà aprile, con gli esperti della Chirurgia toracica e trapianti di polmone del pubblico Policlinico di Milano, si è deciso di tentare ’un salto nel vuoto’: un trapianto di polmoni a un malato di Covid era stato eseguito in pochissimi +casi in Cina, e in Europa a Vienna, ma in contemporanea con Milano.

Si sono confrontati col pioniere, il professor Jing-Yu Chen dell’ospedale di Wuxi, i chirurghi del professor Mario Nosotti, direttore dell’unità specializzata nei trapianti di polmone del Policlinico, una delle più importanti d’Italia, ricorda il direttore dell’Irccs Ezio Belleri, 34 trapianti l’anno scorso e 9 quest’anno, di cui 4 in pandemia. Il Coronavirus ha imposto cautele inedite, a cominciare dal Centro nazionale trapianti, che ha coordinato l’operazione con quello lombardo e il Nord Italia transplant program. Il 30 aprile Francesco è entrato nella lista d’attesa urgente. Il primo donatore non era idoneo; la generosità del secondo, morto in un’altra regione e negativo al virus, l’ha salvato quando era ormai al limite.

Dieci giorni fa il trapianto record, con un cambio di chirurghi, anestesisti e infermieri «per riprendere il fiato» dalle protezioni antiCovid. Dopo 12 ore Francesco è stato staccato dalla circolazione extracorporea. È in rianimazione ma sveglio, fa riabilitazione per ricominciare a respirare autonomamente. La strada è lunga, ma l’intervento che il presidente della Lombardia Attilio Fontana ha definito «quasi un miracolo» per il professor Nosotti «accende una luce» per i malati ai quali il Covid ha tolto la funzionalità respiratoria. Non per forza anziani. «Sfatiamo la fake news che ai giovani il virus non faccia niente – sottolinea Francesco Blasi, che dirige la Pneumologia del Policlinico –. L’incidenza delle forme più gravi è più alta dopo i 50 e soprattutto i 60 anni, ma abbiamo avuto quarantenni e anche bimbi in difficoltà». E a chiunque può capitare di non essere la regola, ma l’eccezione. 

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