Coronavirus, ecco il nuovo piano di battaglia per gli ospedali

La Regione ha definito il ruolo di ciascun presidio su quattro livelli d’allerta, che scatteranno in base alle evoluzioni della pandemia

Medici

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Milano, 18 giugno 2020 - Il 31 marzo gli ospedali lombardi avevano 1.755 letti di terapia intensiva e semintensiva e 1.550 erano occupati da malati di Covid; così come 3.169 su 3.212 altri posti letto con assistenza respiratoria, e 9.556 su 9.837 “normali” posti per pazienti acuti. L’11 giugno c’erano 97 pazienti Corona su 1.049 letti d’intensiva e sub, 388 su 847 con ventilazione e 1.911 su 3.444 letti ordinari. E questa è la forchetta del reale, sulla quale è fondato il piano consegnato ieri dalla Regione al Governo, che riorganizza la rete ospedaliera lombarda in tregua pandemica: la seconda rivoluzione in quattro mesi, stavolta pilotata alla luce dell’esperienza.

La Lombardia nel piano distribuisce 222.492.252 milioni dei 225.345.817 che le ha destinato il Decreto Rilancio; e il grosso, oltre 170,8 milioni, sono per arrivare a 1.446 posti strutturati di terapia intensiva e altri 704 di semintensiva (con assistenza ventilatoria e isolamento per gli infettivi), di cui metà riconvertibili in intensiva (altri 48,3 milioni sono per le aree di pronto soccorso; 3,5 per mezzi di trasporto dell’Areu). Un’articolazione ospedaliera a rete, disegnata per adeguarsi "quanto più velocemente e flessibilmente" a eventuali variazioni della situazione epidemica, in base quattro livelli d’allerta "attivabili in rapida successione", che potranno scattare in base al sistema di monitoraggio nazionale ma anche ad altri indicatori lombardi (ad esempio, quando "l’occupazione complessiva dei posti letto Covid-dedicati" a quel livello supera il 75/80% per più giorni consecutivi). Fatto zero il pre-pandemia, adesso siamo a livello 1 (e la speranza è restarci, scansando una seconda ondata): ai pazienti Corona devono esser dedicati 150 dei 1.446 letti d’intensiva, 200 su 428 “trasformabili” e altri 200 su 335 di semintensiva; al livello due si sale a 500 e 250 per due, e così fino al quattro, 1.100 letti intensivi e 360 più 300 semintensivi per il Covid. Il piano definisce anche chi fa cosa e quando: i presidi che aumenteranno i posti Covid, quelli che ridurranno le attività per dare personale all’emergenza, quelli dove concentrare i “Corona” in tregua.

Sono 17 (tra cui Sacco, Niguarda, Policlinico, San Carlo e San Raffaele) gli ospedali grandi con terapie intensive, Infettivi e Pneumologia, e dato che sono anche centri di riferimento per molte patologie avranno "risorse aggiuntive" per ridurre il meno possibile le altre attività, oltre che per creare, per il Covid, "sezioni quanto più separate", e percorsi verso le vecchie "degenze di sorveglianza" per alleggerirsi velocemente dei malati meno gravi. L’ospedale del Portello, quello della Fiera di Bergamo e anche la tensostruttura del San Raffaele entrano già al livello 2; la Regione scrive che serviranno per non meno di due anni, al netto di modifiche del Codice dei contratti, per dare il tempo agli ospedali che hanno bisogno di ristrutturazioni massive di creare le terapie intensive previste (tra i grandi lavori ci sono però anche una nuova centrale operativa per l’Areu nelle ex lavanderie dismesse del Niguarda e una nuova base dell’elisoccorso a Brescia).

E dopo, la Regione propone al Governo di tenerli, a disposizione "per ogni eventuale emergenza per l’intera nazione", ma anche adesso possono essere "un’opportunità" per "centralizzare" la cura dei malati più gravi di Covid. Visto anche che urge riprendere a curare gli altri malati negli ospedali, cui il piano dà il via libera a riprendere le attività "anche oltre il 60-70% del pre-Covid" autorizzato il 7 maggio, purché mantengano "i requisiti di sicurezza". E siano in grado di passare rapidamente al livello successivo.

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