Coronavirus, atleta Cus Milano guarito: "Mi sento fortunato"

Edoardo Melloni, 29 anni, atleta e in buona salute avverte i coetanei: non sottovalutate il virus

Edoardo Melloni (foto Facebook)

Edoardo Melloni (foto Facebook)

Milano, 1 aprile 2020 - Dai campionati Assoluti italiani di atletica leggera indoor al ricovero all'ospedale Sacco di Milano, nel giro di pochi giorni. La vita di Edoardo Melloni, atleta del Cus Pro Patria Milano di 29 anni, è profondamente cambiata nel giro di cinque settimane, dopo la positività rilevata al Covid-19. "In queste settimane è successo di tutto - ha confessato Melloni -. E' davvero una cosa pazzesca pensare come la vita può cambiare da un giorno all'altro".

 L'atleta del Cus Pro Patria Milano, classe 1990, aveva appena concluso la sua stagione indoor, con degli obiettivi ben fissati in testa, quando il virus ha cambiato la sua quotidianità: "Per questa stagione avevo deciso di dedicare piu' tempo agli allenamenti, motivo per il quale ho deciso di trascorrere un periodo in Kenya per allenarmi in altura e prepararmi ai Campionati Italiani di Cross, poi cancellati proprio nel weekend che ha preceduto il mio ricovero, quando gia' non stavo benissimo".

Melloni dopo una settimana di ricovero al Sacco ora sta bene, prosegue la sua quarantena in casa e il peggio e' alle spalle. Ma il messaggio di un ragazzo di 29 anni, sportivo di alto livello e in piena salute, costretto a mettere in pausa la sua vita a causa del virus, ha fatto in pochissimo tempo il giro del mondo. E allora si torna indietro di una ventina di giorni, a quando tutto e' cominciato per Edoardo: "Sono un ingegnere chimico, la mia attivita' e' ritenuta tra quelle essenziali perche' lavoriamo alla produzione del liquido per le risonanze magnetiche. Per noi non è semplice attivare lo smart working. Mi sono sempre recato al lavoro con l'auto aziendale, prestando la massima attenzione, fino al 9 marzo quando con il cliente, vista la situazione, abbiamo deciso di rallentare. Vivendo in una zona di Milano dove è difficile parcheggiare, ho deciso di riportare la macchina aziendale, tornando poi a casa in metropolitana. Tre giorni dopo ho iniziato ad avvertire i primi sintomi".

Nessuna grossa paura iniziale, dato che in tutta Italia, a quel giorno, erano stati registrati poco piu' di 20mila casi: "Erano sintomi leggeri, pensavo a una normale influenza. Un po' di tosse e la febbre intorno ai 37,5°. Mia mamma era invece già preoccupata che avessi contratto il Covid-19, ma al telefono ho cercato di tranquillizzarla". Poi pero' qualcosa è cambiato: "La tosse e' diventata sempre piu' forte - prosegue Melloni -, al punto che di notte mi svegliavo per dei prolungati attacchi che duravano anche per diversi minuti. Ero costretto a star seduto e non sdraiato, quasi arrivavo alle lacrime dal dolore. Con l'aumento anche della febbre, il mio medico di base mi ha prescritto lo sciroppo, ma la tosse non andava via. La situazione è andata avanti fino a domenica 15 marzo, quando la tosse è diventata talmente forte al punto che mi sono anche trovato a sputare del sangue. Alla luce di questo mi hanno portato al pronto soccorso del Sacco. Mi hanno sottoposto a Raggi X e tampone: il primo ha evidenziato una polmonite in corso, il secondo ha dato esito positivo al Covid-19".

Buona la condizione generale di salute nonostante la diagnosi, con una saturazione del sangue pari a 95. "Visti i referti - spiega il 29enne -, l'infettivologo ha deciso di ricoverarmi per non peggiorare la mia polmonite. Lì è' cominciata la mia degenza e dalla prima notte mi hanno somministrato una terapia sperimentale. Si e' trattato di un ricovero per monitorare e prevenire". Melloni è stato ricoverato all'Ospedale Sacco per una settimana, in reparto insieme a casi non gravi di Coronavirus. Di quei giorni racconta: "Non ho visto scene tragiche durante la degenza. Il personale sanitario limita al massimo gli accessi alle camere dei pazienti per due motivi. Il primo è per una questione di costi: le tute che vengono utilizzate sono monouso e hanno un costo molto alto. L'altro è legato al tempo: entrare nella camera di un malato di Covid vuol dire seguire un protocollo di vestizione che può durare anche più di 5 minuti. Considerando tutte le camere, si preferisce limitare gli accessi: dopo quattro giorni lì dentro sentivo che i dispositivi di protezione cominciavano a scarseggiare".

 

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