Coronavirus, così il medico di base ci prenoterà il tampone

L’ipotesi al vaglio per il piano "territorio" che la Regione varerà a giorni. Dai test più veloci agli infermieri di comunità: ecco le armi contro il Covid

Migration

di Giulia Bonezzi

Il medico di base che prenota direttamente il tampone al suo assistito, sospetto contagiato dal coronavirus o “contatto stretto“, nell’ambulatorio disponibile più vicino a lui e nel momento stesso in cui inserisce i suoi dati nello sMAINF, il "cruscotto" condiviso di sorveglianza pandemica al quale i mutualisti già devono segnalare i possibili casi Covid, ma limitandosi a richiedere l’esame molecolare per la diagnosi. La svolta del tampone a prenotazione diretta e georeferenziata potrebbe diventare realtà a breve: a quanto risulta al Giorno è un’ipotesi al vaglio per il piano di sorveglianza territoriale che la Regione si prepara a portare in Giunta mercoledì, dopo settimane di incontri serrati, e ancora in corso, col comitato tecnico-scientifico, le Ats e le Asst ma anche gli Ordini dei medici e degli infermieri, i sindacati e l’Anci per i sindaci, dai quali la Direzione Welfare sta raccogliendo le ultime proposte e osservazioni. Questo piano "territorio", che si combina a quello degli ospedali licenziato a giugno, dovrebbe andare a regime a settembre, integrandosi con la campagna di vaccinazione antinfluenzale: così la Lombardia si prepara ad affrontare una possibile seconda ondata e un sicuro autunno di convivenza col coronavirus, armandosi per stanare sul nascere nuovi focolai. L’obiettivo della prenotazione diretta del tampone, che potrebbe essere estesa a tutti i medici che segnalano al "cruscotto" (mutualisti e pediatri, medici di guardia, del lavoro e delle strutture sociosanitarie), sarebbe arrivare al test diagnostico entro un paio di giorni dall’individuazione di un sospetto: questa rapidità è la chiave per rendere preciso e tempestivo il monitoraggio dell’epidemia; se era impraticabile a febbraio, quando gli ospedali lombardi sono stati travolti da un virus che circolava sottotraccia da almeno un mese (e con almeno quattro punti d’ingresso in base alle indagini genetiche del Niguarda e del San Matteo di Pavia), è ancora più necessaria adesso.

Un altro architrave della sorveglianza saranno gli "infermieri di comunità", resi realtà dal decreto Rilancio: le Asst ne assumeranno 1.600 in due anni, con oltre 135 milioni dei quasi 176 che lo Stato ha assegnato alla Lombardia per i rinforzi sul "territorio". Le quattro Asst di Milano potranno destinarne 220 (non necessariamente i neoassunti) a una serie di compiti extraospedalieri, tra i quali fare rete tra le varie figure che si muovono intorno ai pazienti, incluse le Usca, l’assistenza domiciliare e gli assistenti sociali di cui pure ci saranno assunzioni. Il piano in definizione prevede di potenziare anche altri strumenti sviluppati durante l’emergenza: dalla telemedicina ai posti di cure intermedie, alle strutture per chi non si può isolare a casa, per evitare che il virus si diffonda nelle famiglie. © RIPRODUZIONE RISERVATA

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro