Albergatore in crisi per coronavirus: "Resisto nel mio hotel deserto. Silenzio terribile"

Solo 5 camere occupate su 56, reception vuota e prezzi a picco. Leopoldo Parrottino: sospendere subito le tasse

Leopoldo  Parrottino con il figlio Andrea

Leopoldo Parrottino con il figlio Andrea

Milano, 6 marzo 2020 -  Gli squilli alla reception, le urla dei bambini e il vociare dei turisti al bancone del bar, le conversazioni al telefono e il rullare delle ruote dei trolley sul pavimento. Rumori che scandiscono la vita quotidiana in un hotel svaniti da un giorno all’altro, da quasi due settimane dissolti nel silenzio. Resta solo la musica di sottofondo trasmessa dalla radio. "Il rumore è musica per le nostre orecchie, questo silenzio ci sta spaccando i timpani", allarga le braccia Leopoldo Parrottino, titolare dell’hotel Ibis Styles Milano Centro, tre stelle in via Boscovich, a pochi passi da corso Buenos Aires. Mostra gli spazi vuoti di uno degli hotel milanesi messi in ginocchio dall’emergenza coronavirus, tsunami che sta travolgendo il settore del turismo, innescando una crisi di cui non si riesce a prevedere la fine.

«Nell’arco di 24 ore siamo passati dal tutto al niente – prosegue l’imprenditore – l’hotel era sempre pieno, mentre adesso abbiamo dalle tre alle cinque camere occupate al giorno su 56". Camere che ora vengono "svendute", una singola per 38 euro a notte, quando nell’epoca pre-coronavirus il prezzo era di 95 euro. "Il sindaco Sala ha sostenuto che serviranno due mesi per tornare alla normalità ma secondo me sono parole senza senso – prosegue – siamo di fronte a una crisi enorme e servono interventi immediati da parte del Governo, a partire dalla cancellazione delle tasse e dalla sospensione del pagamento dei mutui". Per realizzare il suo hotel Parrottino ci ha messo l’anima. Nel 1999 ha rilevato un alberghetto in un edificio di fine Ottocento – "con perdite d’acqua, tetto in amianto e finestre “arlecchino” perché per risparmiare i vetri venivano sostituiti con quelli che c’erano, anche di diversi colori" – e lo ha trasformato in una struttura moderna e accogliente, facendola decollare nella Milano di Expo, rivolgendosi a turisti e clientela business. Cinque anni fa l’ultimo restyling. Restano sulle spalle cinque mutui da pagare, l’affitto mensile, gli stipendi dei dipendenti, i fornitori e le bollette, solo per citare alcune delle voci di spesa. E gli introiti per ora sono di fatto azzerati. Il figlio Andrea, che lavora nell’amministrazione, da giorni è alle prese con cancellazioni e richieste di rimborso, "pretese assurde dei clienti", trucchi delle agenzie di prenotazioni online e incastri per riprogrammare l’offerta con lo slittamento del Salone del mobile.

"L’anno scorso la prima settimana di marzo avevamo fatturato 70mila euro – racconta – adesso siamo a cinquemila". A pagare le conseguenze della crisi sono anche i quattro dipendenti di una cooperativa esterna di servizi per hotel, rimasti a casa perché non ci sono più camere da pulire. "A differenza di altre strutture abbiamo scelto di rimanere aperti – prosegue Parrottino – anche perché noi viviamo qui. Se crolla il nostro sistema cade anche tutto quello che sta attorno, da chi ci fornisce le colazioni alle agenzie di marketing, fino alle lavanderie". Resistono, chiedono ossigeno. Con la speranza che il telefono torni a squillare, e i turisti a riempire di rumori e confusione la reception.  

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