Il pm: "Acquistata con soldi da riciclare", l’abitazione di Corona a rischio confisca

La Procura di Locri ha chiuso le indagini su due collaboratori

Una foto di Fabrizio all’interno  della sua abitazione  sequestrata un anno fa

Una foto di Fabrizio all’interno della sua abitazione sequestrata un anno fa

Milano, 15 novembre 2017 - ​È sotto sequestro e potrebbe essere stata acquistata con denari provento di riciclaggio. Dopo quelli del proprietario, guai giudiziari si addensano anche sul futuro della casa di Fabrizio Corona. Due suoi amici ed ex collaboratori, l’avvocato Tommaso Delfino e Marco Bonato, sono indagati assieme ad altre persone dalla Procura di Locri (Reggio Calabria) per riciclaggio in relazione ad una parte del denaro che venne usato - quasi dieci anni fa - proprio per acquistare la casa del valore di circa 2,5 milioni di euro in cui viveva l’ex agente fotografico in via De Cristoforis, a Milano, e che è stata sequestrata un anno fa.

È emerso ieri nell’udienza davanti alla Sezione misure di prevenzione del tribunale che dovrà decidere se confiscare o meno l’appartamento in questione assieme agli ormai noti 2,6 milioni in contanti trovati in parte in un controsoffitto e in parte in Austria. Il pm Alessandra Dolci ha spiegato ai giudici di aver depositato agli atti nei giorni scorsi l’avviso di conclusione indagini dei pm di Locri a carico di Delfino, Bonato ed altri per fatti del marzo 2008. L’ipotesi è che parte della somma servita ad acquistare la casa fosse stata distratta dalla fallita Corona’s, società dell’ex re dei paparazzi. L’avvocato Delfino, già coinvolto in passato in due inchieste a carico di Corona, quella per bancarotta e quella per aver fatto entrare una macchina fotografica in carcere nel 2007, si è presentato davanti ai giudici chiamato a deporre dai legali di Corona, gli avvocati Ivano Chiesa e Luca Sirotti, e ha detto di aver saputo «solo oggi e dopo 10 anni» di essere indagato nell’inchiesta di Locri. «Una tempestività imbarazzante», ha aggiunto prima di essere ripreso dal pm Dolci, che gli ha fatto notare che la Procura è venuta a conoscenza dell’avviso di conclusione indagini di Locri dal difensore di Bonato.

Già nel provvedimento di sequestro dell’appartamento, firmato dai giudici Rispoli-Cernuto-Pontani, veniva spiegato che il denaro usato per comprarlo sarebbe frutto di «un’appropriazione indebita ai danni della Fenice srl», la società in cui sarebbero confluiti i soldi della fallita Corona’s e dal cui conto corrente, nel 2008, sarebbe uscito «1 milione e centomila euro, suddiviso in 22 assegni circolari». Assegni poi versati da Delfino, su delega dello stesso Corona, ai due ex proprietari dell’immobile Pasquale Ceravolo e Giuseppina Gallo, presunti venditori «fittizi», i quali a loro volta avrebbero girato le somme «al pregiudicato calabrese Vincenzo Gallo, che appare così il beneficiario finale del pagamento». Per i giudici milanesi, in sostanza, si trattò di un’operazione su cui gravavano una serie di «opacità» come il rogito effettuato proprio a Locri. Ieri sono stati ascoltati alcuni testi della difesa che vuole dimostrare come la casa venne comprata regolarmente dalla Fenice. «La notte prima del rogito, Corona venne arrestato per la vicenda dei soldi falsi - ha detto Delfino - e allora al rogito andò Bonato (presunto intestatario fittizio, ndr) come procuratore». Bonato che, secondo la difesa, si impegnò con una scrittura privata a trasferire l’appartamento a Fenice.

 

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