L’acido lascia una scia di complici. Martina: proteggete i miei genitori

Paure, lettere minatorie e incontri da verificare. Il caso non è chiuso di MARINELLA ROSSI

Martina Levato e Alex Boettcher

Martina Levato e Alex Boettcher

Milano, 6 aprile 2016 - Quante ombre popolano la banda dell’acido. Quanti e quali - complicità casuali e occasionali - estendono oltre i muri di San Vittore e Monza, oltre a Martina Levato, Alexander Boettcher e Andrea Magnani, la loro libertà d’azione? Prima o poi la Procura della Repubblica, vincente nei processi al trio al solforico, se ne occuperà? Le minacce in lettere anonime giunte al pubblico ministero Marcello Musso, un mix di riferimenti a processi di mafia e a quello dell’acido, dopo un pedinamento del magistrato di domenica pomeriggio, danno i brividi ma non producono, ancora ieri, un provvedimento di tutela a sicurezza del magistrato – procedura burocratica che sarà analizzata in Prefettura solo stamani. Quelle minacce si interfacciano con la lettera anonima giunta l’8 gennaio 2015 alla testimone d’accusa ed ex di Alexander Boettcher, Elena Agostoni (atto tenuto sotto traccia per esigenze d’indagine): presa di mira non direttamente (la missiva a computer è stata inviata a un suo amico) in cui - toni meno violenti della lettera inviata a Musso («C’è acido anche per te») - si rivolgono insulti in linea con quanto Alex disse di lei in udienza per screditarne l’attendibilità, quando la ragazza diceva degli strangolamenti a cottimo di galline o della richiesta anche a lei di una lista di ex fidanzati. Nessuna minaccia di buttarle addosso acido, come è stato invece per il magistrato, ma un avvertimento di «dirle quello che si merita». Le ombre che restano fuori dei muri di San Vittore sanno muoversi come uomini e donne veri, e danno all’indagine sulla banda un senso d’incompiuto. Oltre che di paura. Il pm Musso, ieri, sdrammatizzava: «Meglio due colpi in testa, tanto non tengo famiglia, che dell’acido in faccia». Ma di paura parla anche la sua imputata Martina, che, nell’annunciare di aver rotto con l’ex, ha chiesto «protezione per i suoi genitori», perché Boettcher le avrebbe detto: «Anche se sono qui, pago 30 mila euro… e il primo che esce fa quello che voglio» (frase testualmente riportata dalla ragazza al legale Alessandra Guarini). Ombre. Un’ombra ha cancellato dopo l’arresto di Boettcher del 28 dicembre 2014 file indizianti (come le foto di Giuliano Carparelli e Pietro Barbini) dal suo pc. E ombre s’intravvedono tra le chat di Alex e Martina, s’inframmezzano tra le aggressioni alle quattro vittime della banda, s’intuiscono dalle reminiscenze sfocate dello stesso Andrea Magnani.

Come una «spedizione punitiva» su un ragazzo, tal Francesco, di Casal di Principe, paese del clan dei Casalesi, dove un atletico Boettcher sarebbe riuscito nell’estate 2014 a penetrare (grazie a quali buoni uffici?) per recuperare un «video» con frame intimi di Martina. In compagnia di chi era Alex, se il suo mezzo complice Andrea gli aveva sì prestato l’auto, ma si trovava a Cesenatico? Gli amici di Alex, in migliaia di chat. Corrado, Vito. Chi si presta solo a girare video delle scarnificazioni artistiche su Martina. Chi parla con Alex di cacciaviti e, forse, di targhe (da sostituire?). Un parterre viscido, rende insicuro il terreno rimasto fuori. Fuori da San Vittore. Come le «vedette» che avran dato conto dei movimenti di Stefano Savi, dall’uscita della discoteca fino a casa, prima che fosse assalito con l’acido. Forse c’è solo da aspettare domani, avvio dell’appello per l’agguato a Pietro Barbini, quando Martina Levato potrebbe dar prova della verità che non ha ancora detto. 

di MARINELLA ROSSI

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