La giungla dei "contratti pirata": salari abbattuti e tutele cancellate

Siglati da sindacati fantasma, toccano vari settori e peggiorano le condizioni di lavoro. Ma in dieci anni sono triplicati

Un rider al lavoro

Un rider al lavoro

Milano -  Mercedes , peruviana che vive a Milano da vent’anni, ogni giorno pulisce le camere di hotel a quattro e cinque stelle del centro per meno di 5 euro all’ora, con il pensiero sempre rivolto all’orologio: in cinque ore ogni donna deve pulire almeno 11 stanze e chi non ce la fa deve lavorare fuori orario, gratis. Giuseppe, che chiede di essere indicato con un nome di fantasia, trasporta merci dalla Lombardia, “locomotiva d’Italia“, alle città del Nord Europa per poco più di mille euro al mese. A volte sette giorni consecutivi sulla strada, ultimo anello nella catena dell’export. Fino a 28 giorni senza riposo per facchini e montatori che si occupano di servizi appaltati a ditte esterne dalla catena Mondo Convenienza, che nel maggio scorso hanno incrociato le braccia nei magazzini attorno a Milano. Effetti del Far West nel mondo del lavoro, con un ginepraio di contratti pirata dalla “A“ di Agricoltura alla “V“ di Vigilanza privata.

Contratti che innescano una "guerra fra poveri", siglati da sindacati e associazioni “fantasma“: non rappresentano nessuno, ma peggiorano le condizioni di lavoro per tutti, abbattendo i salari fino al 30-40%. Così un trasportatore con patente speciale lavora con le stesse condizioni di un addetto alle pulizie, che a sua volta si trova a prendere meno di 7.50 euro lorde all’ora. Una zona grigia dove, dietro il rispetto formale delle regole, si nasconde la giungla. Secondo i dati della Cgia di Mestre, su 935 contratti registrati al Cnel nei settori più disparati, 351 sono firmati da sigle che sono “scatole vuote“, non riconosciute dallo stesso organismo: 4 su 10, il 37,5% del totale. Un numero triplicato nell’arco degli ultimi 10 anni. L’Ordine dei Commercialisti, in una ricerca, stima "due terzi di contratti pirata" sul totale, che "generano fenomeni di dumping" con condizioni al ribasso per "minimi retributivi, giorni di ferie, orari di lavoro e tutele". Nel silenzio vengono cancellati diritti conquistati in storiche battaglie, nel cosiddetto “lavoro povero“ ma anche in professioni che richiedono un’alta qualificazione. Il caso finito sotto i riflettori, quello del contratto dei ridersiglato da Ugl e Assodelivery, è solo la punta dell’iceberg.

«La pandemia ha peggiorato la situazione – sottolinea Ivana Di Tanno, della Uil Trasporti Lombardia – perché le persone in stato di necessità sono costrette ad accettare di tutto". Confrontando un contratto “pirata“ con il Ccnl “leader“, frutto della contrattazione fra associazioni di categoria e Cgil, Cisl e Uil, spiccano le differenze: anzianità più basse, solo due giorni di permesso in caso di lutto, zero ore di astensione retribuita, una scure sulla maggiorazione legata ai turni di notte. Nell’edilizia, su 74 contratti depositati al Cnel "il 50% è sottoscritto da associazioni che non rappresentano nessuno". Nel commercio su 257 contratti nazionali ben 121 sono firmati da sigle fittizie. E le norme, come il testo unico del 2014 sulla certificazione della rappresentanza, sono lettera morta per l’assenza di controlli. "Quando gli enti pubblici affidano un appalto – è l’appello lanciato da Enrico Vizza (Feneal Uil) – dovrebbero controllare anche le condizioni contrattuali di chi lavora".  

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