Milano, conto ripulito dai truffatori online. Il giudice: ora la banca deve rimborsare

La vittima di una truffa online vince il ricorso e ottiene gli 8.128 euro sottratti. "Gli istituti di credito investano su protezioni più efficaci"

I truffatori usano sistemi sofisticati approfittando della buona fede degli utenti

I truffatori usano sistemi sofisticati approfittando della buona fede degli utenti

Milano, 10 dicembre 2021 - Il correntista era rimasto vittima di una delle forme più sofisticate di truffa online, che parte da un messaggio “civetta“ per arrivare alla telefonata di un finito operatore che carpisce codici segreti e svuota il conto. Il risultato: 8.128 euro volatilizzati, e finiti nelle tasche dei truffatori attraverso tre distinte operazioni effettuate fra il 18 e il 19 dicembre 2020. Un anno dopo la frode, il collegio milanese dell’Arbitro Bancario Finanziario (organismo istituito per dirimere le controversie tra cittadini e istituti di credito evitando cause in Tribunale) ha dato ragione al malcapitato. L’istituto di credito, in questo caso Poste Italiane, dovrà rimborsare la somma prelevata con l’inganno dai truffatori. Così il correntista potrà recuperare l’intero importo. "Ribadiamo a tutti i gestori del credito la necessità di investire in sistemi di protezione sofisticati", spiega Christian Gambarelli, presidente dell’Adiconsum Milano, l’associazione di consumatori promossa dalla Cisl che ha seguito il ricorso. «Il sistema bancario in generale sta recuperando ingenti risorse attraverso il forte taglio di personale – prosegue – noi crediamo che possano essere impiegate per fare in modo che la tutela dei risparmiatori sia all’altezza". La vittima della truffa, si legge nel provvedimento dell’Abf, era stata agganciata dopo l’installazione dell’app delle Poste da un falso operatore del reparto anti-frodi che, con la scusa di "movimenti sospetti risultati sul conto", approfittando della buona fede lo aveva indotto a compiere una serie di operazioni online che avevano disposto pagamenti a sua insaputa. I legali di Poste hanno sostenuto la validità dei sistemi di protezione: la truffa "si è realizzata per il comportamento colposo del cliente", che ha comunicato incautamente dati e codici segreti nonostante le campagne di prevenzione sul fenomeno del phishing. Per il collegio, però, "in mancanza di allegazione della documentazione comprovante la corretta autenticazione delle operazioni contestate queste devono essere considerate non autorizzate, con conseguente integrale rimborso".  

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