Milano, commessa di una nota catena di abbigliamento si finge incinta e truffa l'Inps

Certificati medici “ritoccati“ per attestare due finte gravidanze poi interrotte. E l’ente previdenziale ha versato 10 mila euro

L'Inps è stata truffata di oltre 10mila euro dalla finta gravidanza della commessa

L'Inps è stata truffata di oltre 10mila euro dalla finta gravidanza della commessa

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Milano - Certificati medici “aggiustati“ per attestare gravidanze (inesistenti) finite male. È il trucco inventato da una fantasiosa commessa di una nota catena di abbigliamento con negozi in pieno centro, per poter essere pagata senza andare al lavoro e - soprattutto - senza restare incinta sul serio. Quattro, secondo la Procura che ha chiuso le indagini, sarebbero i documenti falsificati dalla giovane donna e spediti al datore di lavoro tra il 2017 e il 2019: due per comunicare il suo stato di gravidanza e due per informarlo dell’interruzione avvenuta in un caso per stress e nell’altro a causa di una caduta. In tutto, la commessa avrebbe ricevuto dall’Inps più di 10 mila euro non dovuti. Ora rischia il processo per falso e truffa ai danni delle casse dell’ente pubblico.

Sara Z., oggi 36 anni, fece sapere ai responsabili del negozio di essere incinta una prima volta nell’agosto di cinque anni fa. Gravidanza difficile, che richiedeva particolari attenzioni e quidi astensione dal lavoro. E infatti S. non si fece più vedere fino al febbraio successivo quando, avvicinandosi il momento del teorico parto, la giovane decise che era il caso di rifarsi viva. E produsse un secondo certificato medico, con il quale, stavolta, si attestava che la gravidanza non era stata portata a termine per un aborto spontaneo, probabilmente dovuto a stress. Nessun sospetto sollevò nemmeno quel documento, che del resto - come il primo - si presentava in modo davvero simile a uno originale, come avrebbero scoperto solo in seguito gli investigatori.

Perché Sara, visto il successo del trucchetto, decise di ripeterlo pochi mesi dopo, a novembre del 2018. Altro certificato medico di stato di gravidanza, altri sei mesi di astensione dal lavoro con paga assicurata, e nel giugno del 2019, nuova comunicazione di una maternità svanita sul più bello. Stavolta, spiegava il medico, a causa di una caduta. Nel volersi mostrare tanto sfortunata, quello fu il momento in cui Sara esagerò. E infatti i vertici dellla catena di abbigliamento si insospettirono, presero qualche informazione presso l’Asst Ovest Milanese e la truffa si delineò.

Emerse così che l’intestazione dei certificati era una vecchia “Asl Milano 1“, che il medico che li firmava era già in pensione al momento dei fatti, e che Z. si era rivolta al quel certo consultorio familiare davvero, ma almeno tre anni prima. Insomma, giocando con il “bianchetto“ era riuscita a correggere il testo di certificati (che forse già aveva) per riciclarli nella versione a lei più favorevole. Ora, però, oltre alla possibile condanna in sede penale, rischia di dover restituire gli stipendi non dovuti con tanto di interessi.  

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