"Come una fabbrica d’armi. Responsabilità"

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"Incoraggio coloro che lavorano in questo campo ad avere consapevolezza che siamo tutti dentro una grande complessità, ma non siano destinati a essere comunque vittime". È il messaggio che l’arcivescovo Mario Delpini lascia ai giornalisti che ha incontrato al Museo diocesano dopo due anni in cui il tradizionale confronto era stato sospeso causa pandemia. "Dove lavori giornalista?", la domanda e provocazione di partenza "con l’immagine di tre professionisti: uno impegnato in una fabbrica di armi ("perché la comunicazione può essere una fabbrica di armi", sottolinea), un altro in un supermercato e il terzo al Palazzo delle Nazioni Unite. Dopo un confronto sul tema "Scrivere sui margini", ha ricordato l’importanza delle parole. "Tratto con una certa difficoltà il linguaggio della periferia, perché, girando Milano, mi sono fatto l’idea che la differenza tra centro e margini è artificiosa. Preferisco parlare di quartieri, permette di esercitare quella responsabilità dell’insieme che deve toccare la politica, l’amministrazione, ma anche tutti noi, affinché ciascuno possa fare la propria parte". "Voi offrite un servizio - ha concluso Delpini -, ma dovete chiedervi per chi lo fate e che cosa volete suscitare, che interesse volete attirare. Il tema del destinatario e della responsabilità verso di lui vi deve stare a cuore. Io penso che il vostro lavoro debba essere animato da due atteggiamenti: la simpatia verso il destinatario che non è il nemico da svergognare o l’estraneo, ma qualcuno con cui si vuole costruire un rapporto, e la stima, ritenendo che l’interlocutore abbia sempre in sé delle risorse di bene". Poi l’invito a tutti, a lasciarsi provocare dalle immagini della mostra di Lee Jeffries sugli invisibili, al Museo Diocesano fino al 16 aprile.Si.Ba.

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