Statale e Besta traslocano? Boeri: "Ma Città Studi deve vivere"

"E' concreto il rischio di desertificazione, ma si potrebbero creare moderni collegi che uniscano più funzioni"

L'architetto Stefano Boeri

L'architetto Stefano Boeri

Milano, 21 luglio 206 - Rischio desertificazione per Città Studi. Se tutto andrà come sembra destinato ad andare, il quartiere della zona nord-est di Milano si ritroverà vuoto come mai. Effetto del trasloco sul sito Expo delle facoltà scientifiche dell’Università Statale e del trasferimento dell’Istituto dei Tumori e del Neurologico Besta sull’area ex Falck di Sesto San Giovanni. Il primo istituto è in via Venezian, il secondo in via Celoria. Ben 16, invece, gli edifici che ospitano facoltà, laboratori, sedi e uffici distaccati della Statale, tra quelli di proprietà dell’ateneo, quelli del Demanio e quelli in affitto o in concessione. L’area di Città Studi che la Statale sogna di abbandonare nel complesso, per intendersi, misura 250mila metri quadrati.

Stefano Boeri, quanto è concreto secondo lei il rischio desertificazione in Città Studi? "È molto concreto. Già oggi il quartiere di sera è vuoto, poco frequentato e privo di eventi o posti che creino aggregazione. Questo accade perché Città Studi è da sempre un luogo di studio ben più che un luogo di residenza e finite le lezioni diventa un luogo poco vissuto. È chiaro quindi che questo dato di fatto rischia di acuirsi se la Statale, come sembra, riuscirà a trasferire le facoltà scientifiche sul sito Expo coronando un progetto che, per quanto presentato finora, mi sembra interessante e attrattivo".

Come impedire, allora, il rischio desertificazione? "La scelta migliore sarebbe stata quella di usare gli edifici che l’ateneo lascerà vuoti come luoghi di ricovero e cura legati all’Istituto Besta e all’Istituto dei Tumori. Io avrei lavorato sull’ampliamento in loco delle due strutture sanitarie, ma questo non è più possibile perché entrambe traslocheranno a Sesto, nella Città della Salute...".

Quindi? "Venuta meno questa possibilità, credo che il piano migliore per il futuro di Città Studi sia quello di creare all’interno degli edifici che saranno liberati dalle funzioni attuali dei moderni collegi che uniscano più funzioni. Penso a 4 o 5 strutture che mettano insieme l’esperienza del Collegio di Milano di via San Vigilio e delle Officine Creative Ansaldo. Collegi che abbiano al loro interno residenze universitarie destinate, però, a studenti di facoltà e atenei diversi in modo che possano stare insieme e scambiarsi esperienze proprio come avviene al Collegio di Milano. Collegi che abbiano anche spazi per il coworking e, soprattutto, che ospitino start up, piccole imprese artigiane capaci di dare un contributo nel creare occupazione nell’era dell’autoimprenditoria e, infine, spazi per la cultura e la produzione artistica. Possiamo pensare a collegi tematici, ad esempio sulle arti visive. Per il futuro di Città Studi penso a quattro o cinque epicentri di vita, di esperienze e di produzione perché Città Studi deve vivere, non può spegnersi".

La Bocconi ha già il progetto di un suo Campus, la Iulm ha già costruito residenze, non c’è il rischio che alla fine gli alloggi universitari siano eccessivi rispetto alla domanda? "Assolutamente no, parliamo di una popolazione di 300mila ragazzi per i quali non c’è alcuna vera politica di sostegno".

Il piano per il post Expo a suo avviso è sostenibile? "I fondi sono l’incognita di qualsiasi progetto. Visto da fuori posso solo dire che si sta andando nella direzione giusta: benissimo lo Human Technopole, benissimo il campus della Statale".

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