Omicidio nel box a Cernusco: ergastolo ai tre imputati

Condannati mandante, killer e gregario dell’omicidio di Donato Carbone. Dietro il delitto una storia di prestiti ad usura all’ex boss che si vendicò

Il garage davanti al quale il 63enne  Donato Carbone  è stato freddato a sangue freddo

Il garage davanti al quale il 63enne Donato Carbone è stato freddato a sangue freddo

Cernusco (Milano) -  Ergastolo per tutti . Mandante, killer e gregario. L’omicidio di Donato Carbone, usuraio di Cernusco freddato davanti al box di casa con 8 colpi di pistola il 16 ottobre 2019, ha i suoi colpevoli. Ieri la Corte di Assise di Milano ha accolto la richiesta della Procura: "fine pena mai" per Leonardo La Grassa, 72 anni, ex narcotrafficante di fiducia dei Corleonesi nella Milano degli anni Ottanta, che ordinò il delitto; Edoardo Sabbatino, 61 anni, esecutore materiale; Giuseppe Del Bravo, 41 anni, che fece da tramite fra i due. Un’immagine ripresa dalle telecamere all’esterno di un bar di Cologno pochi minuti dopo l’esecuzione li incastra: brindavano con calice alzato alla morte dell’ex amico.

Ai tre, i carabinieri di Milano erano arrivati con un’indagine tradizionale, dai filmati alle righe sulla felpa di Sabbatino. Due le pistole usate: una Makarov 9x18 clandestina estratta dopo che l’altra, una Beretta 9x21 con matricola abrasa, si era inceppata al terzo colpo nei sotterranei della palazzina in via don Milani 17. All’inizio gli 11 bossoli trovati a terra avevano fatto pensare agli uomini della Omicidi di via Moscova a un agguato mafioso.

A innescare la vendetta, invece, un debito in sospeso tra la vittima e l’ex boss, che si conoscevano da anni. Sullo sfondo, il mondo del prestito a strozzo, pista confermata dalle parole di Angela Carbone poche ore dopo la morte del padre: "Adesso sai quanti stanno festeggiando? I debiti svaniscono nel momento in cui il creditore non c’è più". Un giro di assegni in bianco firmati, ritrovati nell’appartamento di famiglia, avevano fatto crollare l’immagine del nonno modello tratteggiata dagli ignari vicini di casa. La Grassa aveva chiesto i domiciliari per motivi di salute. Intercettato in cella, aveva confessato a un compagno che "al primo permesso" sarebbe fuggito "in Spagna". Non potrà più. Come i suoi complici. Furono loro a fornire l’utilitaria usata quella sera.  

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