Centri disabili ancora chiusi, l’appello di mamma Elena

Sua figlia ha la sindrome di Asperger, da 3 mesi è a casa, senza le sue attività. "e strutture devono poter riaprire, ne va del benessere di tanti ragazzi"

Mamma Elena

Mamma Elena

Milano, 4 giugno 2020 - Ci sono stati giorni in cui Elena Palmerino ha dovuto togliere le chiavi dalle porte delle stanze di casa per evitare che sua figlia girasse la serratura e si autosegregasse in una di quelle stanze. Ce ne sono stati altri in cui ha dovuto ricorrere agli ansiolitici per calmarla. E altri ancora in cui nulla ha potuto contro le crisi di pianto della ragazza. Racconti di una quotidianità stravolta, racconti dai quali è necessario partire se si vuole capire quanto sia stato difficile per i bambini, i ragazzi e gli adulti disabili osservare l’obbligo di restare a casa, in questi tre mesi di emergenza sanitaria. E per capire, soprattutto, quanto sia importante, per loro e per i famigliari, che ora i centri sociosanitari e gli ambulatori per la disabilità riaprano come sta riaprendo la maggior parte delle attività. 

Non più tardi di lunedì, su queste pagine, abbiamo riportato il grido di allarme di alcune associazioni che hanno denunciato come la maggior parte dei centri per disabili in Lombardia sia ancora chiusa senza che iniziasse alcuna Fase 2 perché le linee guida approvate dalla Regione richiedono tempo per essere soddisfatte, richiedono coperture economiche al momento carenti e, terzo punto, in alcuni casi sono scarsamente attuabili. Elena e sua figlia rientrano tra quelle famiglie che non hanno ancora potuto ricominciare a frequentare il proprio centro diurno, nel caso specifico quello in via Boifava, quartiere Gratosoglio, gestito dal “Gruppo L’Impronta“.

La figlia di Elena ha 16 anni ed è portatrice della sindrome di Asperger, annoverata tra i disturbi dello spettro autistico. Proprio per questo la ragazza ha particolarmente bisogno che la sua quotidianità sia scandita da appuntamenti fissi, da attività regolari, da certezze. Da qui la difficoltà a rinunciare, ormai da tre mesi, a tutto quello che faceva parte delle sue giornate.  La scuola, innanzitutto: «Mia figlia frequenta l’istituto Kandinsky, è bravissima, le piace studiare, prende bei voti» racconta Elena. E poi gli educatori, i compagni e i laboratori del centro diurno: «L’Impronta fa un grandissimo lavoro con i ragazzi, mia figlia è coinvolta in più attività e sta bene quando è lì. Purtroppo, però, il centro non è ancora riuscito a riaprire e non per mancanza di volontà ma perché, mi hanno spiegato, le linee guida della Regione sono complicate da seguire. E allora – prosegue Elena – da mamma mi chiedo perché in questo Paese si sia riusciti ad aprire ogni tipo di attività, dai mercati rionali ai centri estetici, e non si è ancora riusciti a riaprire servizi essenziali come i centri per i disabili. Questa situazione non è più tollerabile, ne va del benessere di tanti ragazzi e di tante famiglie. Il caso di mia figlia – conclude Elena – non è tra i più gravi, ci sono madri e padri che devono affrontare problemi maggiori rispetto ai miei. Tutte queste famiglie meritano una risposta, il prima possibile, dalle istituzioni».

mail giambattista.anastasio@ilgiorno.net

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