di Nicola Palma Non potrà più guidare in vita sua Manuel Inchingolo, il pirata della strada oggi trentacinquenne che la notte del 10 febbraio 2017 invase la corsia opposta della provinciale 161 a Vignate al volante di un’Audi A6 e travolse la Renault Clio con tre ragazze a bordo: in quello schianto, perse la vita la venticinquenne Chiara Venuti, mentre le altre due passeggere riportarono rispettivamente le fratture di braccia, gambe e bacino e diverse fratture alle costole. L’uomo scese dall’auto e si allontanò a piedi senza allertare i soccorsi, sparendo nel nulla per 96 lunghissime ore. I carabinieri trovarono sul posto il padre cinquantanovenne, che, d’accordo col figlio, riferì falsamente agli investigatori che c’era lui alla guida della berlina, sostenendo pure gli esami sull’eventuale presenza di tracce di alcol o stupefacenti nel sangue. Non era vero, e i militari impiegarono poco a capire che il genitore, che stranamente non aveva riportato neppure un graffio nel terribile scontro, stava solo coprendo il trentacinquenne, peraltro intestatario della A6: bastò controllare il traffico telefonico dei due cellulari per verificare che Manuel era lì nel momento dell’incidente e che subito dopo aveva chiamato più volte il cellulare del padre. Quattro giorni dopo, Inchingolo, ormai braccato dalle forze dell’ordine e senza via di scampo, si presentò spontaneamente in caserma per autodenunciarsi: fu sottoposto immediatamente a fermo di polizia giudiziaria su disposizione del pm Donata Costa e portato a San Vittore, per poi essere trasferito ai domiciliari. A cinque anni da quel drammatico incidente, la Corte di Cassazione ha chiuso il procedimento penale, confermando quanto deciso in primo grado in abbreviato nel 2019 e confermato dalla Corte d’Appello di Milano nel 2021: il pirata è stato condannato a 6 anni di reclusione per omicidio stradale, omissione di soccorso, lesioni stradali gravi e frode processuale. Come sanzioni ...
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