Milano, sognando il riscatto alle Case bianche

Tra ricordi della Trecca e nuovi progetti. "Così ci apriremo alla città"

Carlo BussettiEugenia BosèAFFIATATI Luigi Greco  e Luigia Spano insieme da 56 anni L’ex artigiano  ha fatto rivivere  le vecchie palazzine  in un plastico

Carlo BussettiEugenia BosèAFFIATATI Luigi Greco e Luigia Spano insieme da 56 anni L’ex artigiano ha fatto rivivere le vecchie palazzine in un plastico

Milano, 21 ottobre 2018 - Luigia Spano 80 anni, racconta con orgoglio di essere stata la prima nata «al nido di via Zama 11: dove oggi c’è la stazione dei carabinieri, un tempo c’era un poliambulatorio medico». È in prima linea tra gli abitanti che hanno fatto la storia della Trecca, il complesso di case popolari alla periferia sud est della città abbattuto a metà degli anni Settanta per poi risorgere a fianco, nella stecca di Case bianche in via Salomone con 477 appartamenti, il caseggiato scelto da Papa Francesco per la sua visita a Milano a marzo dello scorso anno. Ieri «le ragazze di un tempo» si sono ritrovate in cortile, protagoniste di uno spettacolo a più voci per ricordare le storie del passato, gli amori, i sogni, la vita di allora, che prendendo corpo nelle parole fanno brillare gli occhi. Il teatro è parte dell’evento organizzato ieri, promosso dal Municipio 4 in collaborazione con le associazioni Mille battute e Corpi bollati, il comitato Salomone rinasce e il progetto Agorà. Da ammirare un reportage di foto e video; da ascoltare, la musica dell’artista Paola Franzini.

Torniamo alle storie degli anziani: accanto a Luigia, il «suo» Luigi Greco, 5 anni più di lei. Si sono innamorati sbirciando l’uno nel cortile dell’altra, sono sposati da 56 anni, hanno due figli e due nipoti e pur vivendo in viale Ungheria tornano sempre volentieri nel loro quartiere d’infanzia. Lui, ex artigiano, ha fatto rivivere una porzione delle vecchie palazzine in un plastico autoprodotto. Che dire delle vecchie case? Tutti ricordano i volti impressi sulle facciate, «di Garibaldi e di Mussolini». «Quello del duce – parla Carlo Bussetti, che si definisce ex treccaiolo per aver vissuto nel quartiere tra i 9 e i 24 anni – non riuscivamo a cancellarlo. Nessuna vernice era efficace, nessun rimedio. Pensavamo che neppure la demolizione lo avrebbe sbriciolato». Prende la parola Eugenia Bosè, 86 anni, arrivata in via Zama quando aveva 5 anni. «Prima che demolissero le vecchie case, facevamo avanti e indietro per trasportare i mobili. Siamo tutti dimagriti», ride. «Ora sorrido. Ma in tempo di guerra abbiamo sofferto la fame, noi ragazzi rubavamo il cibo dove potevamo». Vero è che «pur nella povertà – continua – c’era solidarietà: al mattino le donne facevano una colletta per comprare il pane e il latte, poi dividevano tutto». Carlo riprende la parola per far sapere del suo primo amore: «Si chiamava Paolina. Dov’è?», la cerca tra il pubblico. «Il mio primo bacio l’ho dato a lei, tra i campi della Trecca».

La festa ha portato un mix di allegria e di nostalgia, mentre gli inquilini aspettano il restyling promesso. «Abbiamo attivato un tavolo che ha contribuito a sbloccare la situazione delle manutenzioni straordinarie: dopo anni di inerzia e rinvii, finalmente sono state pianificate e presto inizieranno a vedere i primi cantieri aperti – sottolinea il presidente del Municipio 4 Paolo Guido Bassi della Lega –. Non solo: ci siamo anche dati da fare per aprire questo comprensorio al resto della città, con l’obiettivo di farlo vivere e togliergli di dosso il marchio di posto degradato e pericoloso». L’evento di ieri «mostra che questi palazzoni – conclude Oscar Strano di Forza Italia, presidente del Consiglio di Municipio 4 – ospitano storie e vite di persone perbene».

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