La cantante 'invisibile' massacrata in casa: il Dna sull’orecchino non risolve il giallo

Tre anni di indagini, dieci sospettati ma nessun colpevole. La cinese Hong Songmei uccisa nella zona di via Padova da una persona che conosceva: forse una lite per denaro

Le forze dell'ordine sul luogo del delitto

Le forze dell'ordine sul luogo del delitto

Milano -  Archiviata come morte senza colpevoli, in attesa di un colpo di fortuna che faccia combaciare il Dna trovato su un orecchino della vittima con quello prelevato all’autore di un altro crimine e ne fornisca l’identità. Si chiude, per ora, senza giustizia il caso di Hong Songmei, la cantante di karaoke cinese massacrata di botte e strangolata nella sua piccola casa di via Esterle il 28 marzo 2019 , a una manciata di metri da via Padova. Nemmeno le testimonianze dei vicini ritenute “interessanti“, oltre a un Dna trovato sull’orecchino, che non coincide con quello della vittima, hanno portato a una svolta. La donna, molto schiva, lavorava di notte in un locale karaoke che dista qualche centinaia di metri dalla casa in cui è stata trovata morta. Il locale chiuso al pubblico durante il giorno, aperto solo fino alle 4 del mattino, è una struttura anonima e quasi dismessa. Di giorno Songmai arrotondava con qualche massaggio o passava il tempo agli orti di via Padova, dove innaffiava le piante in cambio di un po’ di verdura. Una persona mite.

La prima a finire sotto la lente degli investigatori e interrogata più volte è la coinquilina che, con Songmei, viveva nel piccolo appartamento ricavato dall’ex portineria del palazzo. Con lei, la vittima divideva anche gli "affari": entrambe, per arrotondare, ricevevano amici all’indirizzo di via Esterle. Dalla donna però, gli investigatori non hanno mai avuto nessuna informazione che li potesse mettere sulla strada giusta. Una aggressione molto violenta, dice l’autopsia, compiuta da una persona con molta forza e molta rabbia, avvenuta quasi sicuramente al termine di una lite, forse per soldi. Un colpo alla testa, forte al punto da procurarle una ferita profonda all’arcata sopraccigliare destra e un grosso ematoma all’occhio, una botta così forte da strapparle la ciocca di capelli accanto alla tempia e da romperle un orecchino. Poi, chi la voleva morta l’ha strangolata, per rabbia le ha premuto un cuscino sulla bocca. Il Dna trovato sull’orecchino è stato confrontato con quello di almeno dieci persone sospettate. Nessun incrocio però ha dato l’esito sperato, nessuna immagine interessante ripresa dalle telecamere, nessun testimone, nessuna informazione. Nulla di nulla.

Songmei era davvero una persona invisibile, per tutti. Per gli investigatori, la sera in cui è morta aveva dato appuntamento a qualcuno nel monolocale in cui poi è avvenuto l’omicidio. Qualcuno a cui aveva aperto la porta. La ex portineria in cui si è consumato il delitto è appena all’ingresso del civico 29 di via Esterle, ha una grande finestra che affaccia proprio sulla strada, coperta alla vista da una tapparella quasi sempre chiusa da inferriate a proteggere la stanza dalle intrusioni. Il cellulare. Proprio da qui sarebbero partiti gli inquirenti per cercare di dare un nome all’autore di un omicidio così efferato. In tre anni di indagini però, anche dal telefono non è uscita alcuna identità utile agli investigatori per risolvere il rebus.

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