La rinascita di Gionata Michele Manfrin: dopo l'abisso dell'eroina ora è life coach

La droga è entrata presto nella sua vita. E ci è rimasta a lungo: "Ho smesso definitivamente due anni fa, ora cerco di aiutare gli altri"

Gionata Michele Manfrin, 40 anni, oggi e come era quando viveva nel boschetto della droga

Gionata Michele Manfrin, 40 anni, oggi e come era quando viveva nel boschetto della droga

 

di Annamaria Lazzari

La droga è entrata presto nella sua vita, e ci è rimasta a lungo. "Ho iniziato con le canne a 14 anni. A 21 anni sono passato a fumare crack. Nel 2004 sono stato arrestato per spaccio e, dopo due settimane in cella, sono stato ai domiciliari 9 mesi. Finita la pena, ho ripreso il giro e scoperto l’eroina. Il mio primo buco a 26 anni" racconta il milanese Gionata Michele Manfrin, 40 anni. Dal 2020 è fuori dalla schiavitù della dipendenza attraverso un percorso di auto-consapevolezza.

Dove acquistava la droga?

"Nel primo decennio del 2000 la “nera“ la si procurava alla pista dei cavalli vicino a San Siro o al Parco delle Cave. Poi è nata un’altra zona di spaccio in zona Caam. Dal 2015 la più grande piazza di smercio di droga è diventata il boschetto di Rogoredo: ho vissuto lì dentro fino al 2020".

Che vita conduceva dentro al bosco?

"Girava tutto attorno alla droga. Vivevo senza responsabilità, alla giornata, mi bastava l’eroina per sentirmi bene. Non c’era un amore nella mia vita. Se c’era al mio fianco una ragazza era solo per drogarci assieme. Ho fatto cose dannatamente stupide: attraversare la Tangenziale di corsa tra le auto o i binari, mentre stava per arrivare un treno per sfuggire ai controlli della polizia. Mi alzavo la mattina con un solo obiettivo: raggranellare soldi per acquistare la dose".

Come faceva a trovare il denaro?

"Con la colletta e lo spaccio".

Mai fatto il “cavallino“ per gli spacciatori nordafricani?

"No. Ho sempre lavorato “in proprio“. Non volevo fare il loro schiavo. Ho visto quello che facevano a chi fra i loro sottomessi era inaffidabile: gli episodi di torture nei boschi del Varesotto si verificavano allora a Rogoredo".

C’è qualcosa della vita di allora di cui si vergogna più di altro?

"Quello che ho combinato in famiglia. Mio padre è morto quando ero piccolo ma mia madre e i miei nonni li ho fatti disperare. Ho sempre scroccato soldi e ho fatto sparire tutto l’oro di casa, circa 10mila euro di valore".

Come ha fatto a ripulirsi?

"Ho provato due volte in comunità, nel 2012 e nel 2016, ma non ho mai terminato il percorso: la prima volta sono fuggito dopo 10 mesi, la seconda dopo appena tre. In realtà il cambiamento è partito da dentro: a un certo punto sentivo che non stavo combinando un bel niente in questo passaggio sulla Terra. Io che ero bravo a scuola, che leggevo un sacco di libri, che mi ero iscritto a Scienze della Comunicazione dando cinque esami… Ho cominciato ad informarmi sui danni provocati dalla dipendenza e nel 2017 ho cominciato a diminuire le dosi e a prendere il metadone. Nel 2019 ho seguito un percorso di formazione come Life Coach e insegnante di meditazione: mi hanno fornito gli strumenti per riuscire a guardare dentro di me, capire perché avessi così bisogno di essere “fuori“. Ho smesso definitivamente due anni fa. Oggi lavoro come merchandiser e life coach. Sono sereno e cerco di aiutare gli altri".

 

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