Marco, Ilaria e lo zafferano coltivato a Milano: "Noi contadini urbani, scommessa vinta"

Marco Pellegrini e Ilaria Viganò hanno fondato la loro startup 5 anni fa. "Riusciamo a produrre 100 grammi all’anno di spezie per risotti, gelato e cioccolato"

Ilaria Viganò e Marco Pellegrini nel campo di Figino alla periferia ovest della città

Ilaria Viganò e Marco Pellegrini nel campo di Figino alla periferia ovest della città

Trovate questo articolo all'interno della newsletter "Buongiorno Milano". Ogni giorno alle ore 7, dal lunedì al venerdì, gli iscritti alla community del «Giorno» riceveranno una newsletter dedicata alla città di Milano. Per la prima volta i lettori potranno scegliere un prodotto completo, che offre un’informazione dettagliata, arricchita da tanti contenuti personalizzati: oltre alle notizie locali, una guida sempre aggiornata per vivere in maniera nuova la propria città, consigli di lettura e molto altro. www.ilgiorno.it/buongiornomilano

Milano - Una distesa di fiori dai petali viola che racchiudono il rosso dei preziosi stimmi ingentilisce l’autunno a Figino, in un campo di 500 metri quadri coltivato apposta per produrre zafferano. La spezia pregiatissima che tinge di giallo-oro i risotti "ha un prezzo che oscilla da 35mila euro al chilo fino a 60mila", spiega Marco Pellegrini, trentaduenne che quasi 6 anni fa ha deciso di lanciarsi nell’impresa fondando la start-up “UsoZafferano“ insieme alla sua socia Ilaria Viganò. Ora, tempo di raccolta, i fiori si vedono in tutto il loro splendore. "La nostra – sottolinea Pellegrini – è una piccola realtà. L’ispirazione ci è venuta qualche anno fa, dopo aver seguito un progetto di orto didattico con i bambini, proprio a Figino. Ci siamo detti: “perché non provare a coltivare zafferano a Milano?“.

Un azzardo, perché questa pianta cresce bene in un suolo freddo-arido e non in terreni umidi come quelli della nostra pianura, tanto che le principali coltivazioni sono sulle Prealpi, in Abruzzo e in Sardegna". Ma a distanza di più di 5 anni oggi possono dire che "la sfida è stata vinta: i fiori resistono e ci danno soddisfazioni", rapportate alle dimensioni ridotte del sito, di proprietà di Pellegrini, e alle peculiarità di questa piccola impresa portata avanti da questi coltivatori urbani nel tempo libero dal lavoro. C’è da dire che di verde Pellegrini se ne intende, essendo un tecnico del settore Parchi e giardini del Municipio 7, mentre la sua socia lavora per un’impresa edile.

Portare avanti la missione "richiede minimo due ore di lavoro al giorno. Per produrre un chilo di zafferano occorrono 400mila fiori. E questo già fa capire quanto sia faticoso. Noi abbiamo piantato quasi 4mila bulbi, prendendoli da tre lotti diversi, in Toscana, Abruzzo e Sardegna, e con nostra sorpresa tutte e tre le tipologie si sono adattate perfettamente al nostro terreno e al nostro clima". Insomma, "nonostante l’ambiente non sia ottimale, i bulbi non avvizziscono: scommessa vinta quindi, perché i bulbi, che sono perenni, qui riescono a sopravvivere".

Il timore più grande era che potessero essere attaccati "da un fungo del genere Fusarium, che si sviluppa in terreni che favoriscono il ristagno idrico. Per fortuna non è successo", continua il coltivatore. "Noi puntiamo a produrre 100 grammi di prodotto all’anno, che vale 35-40 euro al grammo". Lo zafferano made in Figino poi viene venduto in più modalità: sfuso, per ristoranti e gelaterie ("ce n’è una di Settimo Milanese che produce il gelato allo zafferano con i nostri stimmi", evidenzia il Pellegrini) oppure in boccette da 0,25 grammi, ideale per preparare 3 o 4 porzioni di risotto.

Terza modalità: "Nelle mani di un artigiano (“Passion Cocoa“), diventa l’ingrediente principale per certe leccornie come la pralina allo zafferano. Abbiamo dovuto sperimentare per arrivare al “mix giusto di gusti“, concludendo che il migliore da mescolare a questa spezia sia il cioccolato bianco". Adesso, fine ottobre, è il momento della raccolta. Un lavoro di fatica, che richiede di piegarsi e di staccare delicatamente i fiori. "Io e la mia socia li sistemiamo in ceste di vimini e poi li portiamo a casa dove preleviamo a poco a poco gli stimmi, la parte rossa, quella più preziosa, che poi viene messa nell’essiccatore a 50 o 60 gradi per alcune ore.

Il prodotto essiccato infine si conserva in barattoli di vetro dove riposa per 4 mesi prima di essere commercializzato". A quel punto, finisce nelle cucine dei ristoranti, sulle tavole delle famiglie o nel cioccolato. "Garanzia che non sia “contraffatto“ o contaminato con altro è che noi forniamo gli stimmi essiccati, ben visibili. Non è zafferano in polvere come quello che si trova nei supermercati".

Da uno studio pubblicato su rivista internazionale nel 2019 a cura di Unimont, polo dell’Università degli Studi di Milano a Edolo (Brescia), che si occupa di promozione, tutela e sviluppo dei territori montani e marginali, emerge che più del 90% dello zafferano prodotto dai piccoli produttori italiani è di prima categoria di qualità, puro. I ricercatori hanno preso in esame oltre 400 campioni di spezia sotto forma di stimmi essiccati raccolti nell’arco di 3 anni in tutta Italia. Pellegrini non si ferma: prossimo obiettivo? "Provare a recuperare gli scarti, magari producendo saponi vegetali con petali e stami".

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro