Lotito
Questa dell’onorare celebri personalità intitolando con il loro nome strutture sportive, istituzioni, aule universitarie e giudiziarie è una pratica sempre più diffusa e, diremmo, caldeggiata da una certa demagogia piaciona che a volte rimedia alla disattenzione con un eccesso di festeggiamenti e inchini. A un campionissimo come Giuseppe Meazza che muore nel 1979 che cosa si può offrire l’anno dopo se non l’intestazione di uno stadio? E quale stadio, poi, se non quello milanese, che lo vide giocare sia in nerazzurro sia in rossonero? Stadio Giuseppe Meazza, dunque, e non più San Siro. E l’Arena Civica, poi, così da sempre chiamata, che nel 2001 si vide di punto in bianco ridenominare in Arena Gianni Brera? Volendo proseguire, come dimenticare il parco compreso tra i Bastioni di Porta Venezia e via Palestro, il primo di Milano, dal 1784 chiamato Giardini Pubblici e nel 2002 dedicato a Indro Montanelli? Eppure, più tempo passa e più ci si convince che la storia del cambiare nome alle cose alle quali si è affezionati alla fine mostra la corda. Non convince, non attacca. Tra amici non si dirà mai: "Andiamo al "Meazza" a vedere il derby", e vi pare possibile che due fidanzatini si ripromettano un giretto ai Giardini "Montanelli"? San Siro non morirà mai (nemmeno come monumento operante, vogliamo sperare), e i Giardini Pubblici continueranno appunto ad essere percepiti come pubblici e non come oasi privata o qualcosa del genere. Magari correrebbe lo stesso rischio, ma ci permettiamo di pensare che in un solo caso il cambiamento di nome funzionerebbe, chiamando uno dei più grandi aeroporti d’Italia non, banalmente, "Malpensa", bensì - come suggeriva Carlo Pedretti, il più noto studioso di Leonardo - Aeroporto Francesco Sforza. Ma le buone idee, si sa, sono le prime ad essere scartate dalla demagogia piaciona.