La rivoluzione del calcio femminile: "Le bambine vincono sul campo"

Francesca e Gaia, dai primi calci vent'anni fa a coach delle under 10 rossonere. Seimila le calciatrici in Lombardia

Milano - "Il campo parla da sé: è questo il bello. Se la si gioca lì. Ma succede ancora di vedere allenatori avversari che entrano in un vortice di frustrazione perché ’non si può perdere con le bambine’ o sguardi contrariati e increduli quando una bambina è più pronta calcisticamente rispetto a un coetaneo. Anche da allenatrici si parte in svantaggio. Siamo ancora indietro culturalmente. Abbiamo scritto un libro anche per combattere questi stereotipi".

Il libro

Francesca Gargiulo e Gaia Missaglia, 33 anni entrambe, hanno cominciato da piccole a inseguire un sogno, quando le squadre femminili si dovevano cercare col lumicino. A 10 anni il debutto. "Più tardi rispetto a quanto succede oggi", ricordano. Alle superiori sono diventate compagne di squadra, indossando la maglia della FiammaMonza. E poi si sono trovate entrambe ad allenare le under 10 nel settore giovanile dell’Ac Milan. Insieme hanno scritto 'Voglio fare la calciatrice' (Piemme, Il Battello a Vapore), "per fare un regalo alle nostre bambine, raccontando le loro storie e anche le storie di chi ce l’ha fatta", dalle calciatrici Cristiana Girelli e Elisabetta Bavagnoli alla portiera Laura Giuliani. "Servono role model per capire che un’avventura che sembra impossibile invece non lo è. E serve il supporto delle famiglie", sottolineano le allenatrici-autrici, dedicando i risultati alle loro di famiglie.

Il percorso

Perché da piccine non è stato semplice - anche dal punto di vista logistico - coltivare quel sogno grande. Gaia aveva già le idee chiare alle elementari: diventare allenatrice era il suo obiettivo. Pallone incollato al piede e via, dopo parentesi nel nuoto e anche nella ritmica, si è iscritta a Scienze motorie: studiava, giocava (ha esordito anche in Seria A) e allenava grandi e piccini, bambini e bambine. Oggi è alla nona stagione rossonera, è coach dall’anno zero del calcio femminile al Milan. Francesca ha cominciato a giocare alle medie, si è rotta presto il crociato ma si è rialzata, togliendosi non poche soddisfazioni, come prendere parte alla competizione Uefa Women’s champions league come parte dello staff di una squadra di serie A Svizzera. Dopo la laurea in Psicologia sociale del lavoro è partita prima per l’Olanda, dove ha anche allenato, alla conquista di un master in Scienze del Movimento Umano, poi in Sudafrica, dove ha vissuto un’esperienza di volontariato con una fondazione locale che usa il calcio come strumento di integrazione per bambini in situazioni di vulnerabilità (alla quale è dedicato parte del ricavato del libro). Alle spalle ha la sua seconda stagione da coach nell’Ac Milan e lavora come psicologa dello sport per FocuSport di cui è cofondatrice e per la Figc, formando e supportando i tecnici e le società lombarde. (Entrambe hanno la licenza Uefa B). "Da piccole non è stato facile – confessa coach Missaglia –: ti lanciavano nella mischia a 11, con quindicenni. Ma è stata una palestra di vita. Col passare degli anni si sono equilibrare le categorie". "Anche se qui siamo in una zona favorevole – aggiunge coach Gargiulo – ci sono parti d’Italia in cui per le bambine è più difficile trovare una squadra, come quando abbiamo cominciato noi".

Il successo

Dall’anno zero del calcio femminile all’anno zero del calcio professionistico femminile: la rivoluzione continua. "Crediamo farà da traino, è un nuovo punto di partenza – sottolineano le allenatrici –. E l’augurio è che possa essere esteso a tutte le categorie, non solo alla serie A. Ci sono persone che ci lavorano e devono poter dedicarsi a questo. I numeri stanno crescendo, ma c’è ancora molto da fare. Investire sulle nuove leve permetterà di aumentare la quantità di calciatrici, ma anche la qualità nei settori professionistici". Oltre alla presenza capillare di squadre, femminili o miste. "Tanti genitori ci chiedono se sia meglio debuttare nelle une o nelle altre – spiegano -. Noi crediamo che una bambina abbia bisogno semplicemente di crescere in un contesto sereno, in cui riesca a esprimersi al meglio". Le miste, poi, servono tanto anche ai bambini: "Capiscono che le bambine giocano a calcio al loro livello. O meglio, loro ormai lo danno quasi per scontato, dovrebbero capirlo alcuni adulti".

La nuova sfida

La sfida è incitare anche gli adolescenti a tornare in campo, dopo due anni complicati: "I dati ci mostrano ancora un calo nelle iscrizioni. La speranza è che tornando a vivere liberamente torni l’entusiasmo. Qualche segnale c’è: ci sono ragazzine che hanno abbandonato sport individuali per giocare in squadre calcistiche, per far gruppo. E, come ha rilanciato Arrigo Sacchi recentemente, è urgente fare innamorare i bambini del calcio". Bambine incluse, ovviamente.

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